Domenica 25 ottobre 2009 ho partecipato alla beatificazione di don Gnocchi. Sono venuto da Torino da solo con il pullman, in carrozzina. Ho una protesi al ginocchio sinistro. Ho assistito, in prima fila, alla funzione in piazza Duomo: bellissima, toccante. Finita la cerimonia ho raggiunto piazza della Scala dove il selciato è abbastanza sconnesso ed allora ho chiesto a due alpini se potevano spingermi. Naturalmente hanno acconsentito, ma mentre stavamo per salire il gradino del marciapiede è sbucato un pullman che ha stretto la curva, agganciando la mia carrozzella e trascinandola per due tre metri. Per fortuna gli alpini non sono stati travolti e hanno evitato che io cadessi. La carrozzella ha riportato danni alla ruota anteriore; l’hanno aggiustata. Quando mi sono girato per ringraziarli erano spariti. Vorrei farlo attraverso le pagine de L’Alpino.
Cianin Ducato Gruppo ANA di Baldissero Torinese
È da tempo che la mia matita scorre su fogli bianchi, più per uno sfogo personale che per fare conoscere il mio pensiero dopo aver letto Il nostro zaino su L’Alpino. Camminando per le vie della mia città noto persone sole che camminano a testa bassa con il sacchetto della spesa. Sono ignorati da tutti anche se hanno ricoperto posti di prestigio nell’età lavorativa, anche se non posso negare che ce ne siano altri ancora amati e chiamati per nome per un caffè. Chi ha agito nella legalità e nell’onestà ha acquisito tesori non paragonabili ad altri ottenuti con disonestà e illegalità. I valori non hanno età, non dobbiamo stancarci nell’insegnarli, ma soprattutto essere dei testimoni per i giovani. Cozzano contro il mondo che ci circonda, ma ci salveranno dalla caduta nel baratro.
Giusi Meneghini
Due lettere, scritte a mano, che potrebbero sembrare slegate tra di loro. Non è così: entrambe rappresentano momenti di quotidianità che toccano l’essenza di quello che noi chiamiamo lo spirito alpino. Non fanno notizia gli alpini che aiutano una persona in difficoltà, talvolta anche rischiando, e nemmeno le riflessioni di una signora che, camminando per la sua città, osserva la solitudine di persone che hanno speso la loro esistenza per la comunità, con onestà e rettitudine, ricambiate con l’oblio. La vera storia della nostra associazione non è stata ancora scritta, né lo sarà mai. Abbiamo migliaia di volumi sulle imprese delle penne nere e tante pagine di giornali che raccontano di Adunate spettacolari e di innumerevoli iniziative di solidarietà. Non si arriverà mai però a raccontare convenientemente tutti quei gesti, anche piccoli, compiuti da alpini mossi da un sentimento di fraternità verso il prossimo. Dare senza aspettare un grazie e mai considerare un merito l’aiuto gratuito. È questo il cemento su cui poggia la credibilità della nostra grande famiglia. Finché ci sarà, il nostro cappello testimonierà valori che non hanno età . E questo ci basta.
Pubblicato sul numero di marzo 2010 de L’Alpino.