Presunzione di libertà

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    Ero un ragazzo con i pantaloni corti quando mi parlavano dei media come Quarto Potere, prendendo spunto dal famoso film con Orson Welles. Dopo il potere legislativo, l’esecutivo e il giudiziario, ultimi in coda, ma destinati a contare sempre più, c’erano giornali e televisioni, col loro crescente potere di indirizzare i cittadini e di creare consenso politico. La gente osservava, ma il gusto per quello strumento nuovo, la Tv, che veniva a popolare le case del boom economico, faceva stemperare molte preoccupazioni.

    Quando la vita mi portò ad entrare in quel mondo, dovetti registrare un dato importante. Se nell’immediato dopoguerra era stata scritta una sola Carta dei Diritti dei giornalisti, per evitare le censure del periodo fascista, a partire dagli anni ’70 si era cominciato a produrre tutta una serie di Carte dei Doveri. Non era ancora una denuncia palese dell’invadenza dei media, ma un primo campanello d’allarme e un dato su cui riflettere.

    Stendo queste note e il pensiero corre a due vicende che hanno segnato la nostra storia recente: le elezioni politiche e le dimissioni di Benedetto XVI. Sulle prime, difficile distinguere il filo di separazione tra la doverosa cronaca politica dei media stranieri e l’ingerenza vera e propria negli affari interni del nostro Paese. Non c’era testata che non si impancasse a sputare sentenze, a creare inimicizie, ad imbastire alleanze e sospetti sopra le teste dei nostri politici. Del resto non è da oggi che i giornali stranieri distribuiscono patenti sui nostri uomini di governo e sull’opportunità di eleggerli o di mandarli a casa.

    Non meno clamorosa l’ingerenza nel caso del Papa, che ha spinto il Vaticano a denunciare indebite manovre finalizzate a orientare il Conclave e le scelte dei porporati. Denunciando malefatte vere o presunte della Curia vaticana, si tendeva a rompere cordate o rafforzarne altre, con intenti che erano tutto tranne che il dare una mano allo Spirito Santo. Siamo ancora al Quarto Potere?

    Dovremmo essere degli ingenui per continuare a credere che sia ancora così. In realtà gli scenari oggi disegnano un quadro ancora diverso e per certi aspetti più inquietante, dove la globalizzazione e il mondo dei media, spesso uniti in marcia sincronica, stanno svuotando progressivamente di potere le democrazie occidentali. È un dato di fatto che il potere è sempre più sottratto alla politica. A determinare l’agenda e gli equilibri nazionali, sono sempre più di frequente cause che vengono dall’esterno. Sono le grandi lobby internazionali, i mercati, i fondamentalismi, gli scenari instabili dei Paesi vicini a stabilire quello che dobbiamo fare o non fare. Siamo convinti d’essere ancora padroni, in realtà stiamo assistendo ad una delocalizzazione del potere, dove media, mercati e terrorismo fanno e disfano a loro discrezione.

    Vi chiederete quanto tutto questo attenga al mondo degli alpini. Ci sono almeno due ragioni per riflettere. La prima è prendere coscienza del fenomeno, evitando chiusure e atteggiamenti di intolleranza. Credere di potere abbassare le saracinesche del Paese, pensando che questo basterebbe a fare dell’Italia un’isola felice è una grande ingenuità. La globalizzazione, che credevamo limitata all’economia, è diventata invece un fenomeno planetario che tocca ogni dimensione del nostro vivere. E il mondo dei media è lì a registrare e a concorrere a questa nuova cultura della contaminazione universale.

    Una seconda ragione ci interpella sul bisogno di conservare la nostra identità. Un momento storico in cui è chiesto il coraggio d’essere politicamente scorretti. Il coraggio di dire che la famiglia è una certa cosa e non un’altra, che i doveri vengono prima dei diritti, che il senso di Dio non è alienazione ma ispirazione alta, che l’uomo non può essere ridotto ad animale tra animali, che un figlio ha bisogno di un padre e di una madre…

    I media diranno che siamo out, fuori… fuori dal tempo. Non importa. Tanto più se il politicamente corretto si riduce ad una forma di conformismo ipocrita, dove bisogna dire la stessa cosa per non sentirsi minoranza. La verità non si impone coi numeri e il diritto a farsi chiamare egregio si sposa direttamente col coraggio di pensare con la propria testa, cioè fuori dal gregge come dice la parola.

    Bruno Fasani