La mula Bice

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    A pag. 27 del numero di gennaio 2010 de L’Alpino vi è un articolo riguardante Quei muli del reparto salmerie a firma di Claudia Borsoi. A corredo di questo articolo ci sono delle fotografie, e in particolare quella con didascalia: Quando il mulo non è d’accordo . Ho davanti a me, mentre scrivo questa lettera, l’artigliere da montagna Gianni Tosi, 2º rgt. art. mont., Gruppo Verona, il quale mi fa vedere l’originale di quella fotografia scattata nel 1967 alla caserma Huber, che lo ritrae rincorso dalla sua mula Bice.

    Pietro Masnovo

    I muli non hanno ancora avuto un Cantore’ che ne celebri convenientemente le imprese. Prima o poi arriverà. Ci sono episodi esilaranti da trarne un florilegio di una ricchezza straordinaria, passando dal patetico, al commovente, al boccaccesco. Un esempio. Strigno (TN), estate 1962, Gruppo Pieve di Cadore, ora dell’abbeverata, sul far della sera. Da un assembramento di oltre duecento muli, un filare di una decina di animali si libera dalla distratta o maliziosa sorveglianza dei conducenti. Gli ufficiali sanno che la linea di demarcazione tra l’imbranato e il sornione furbo è quasi sempre indefinibile. Libera uscita dei quadrupedi e terrore per le viuzze del paese, attraversate da un drappello scatenato da far west. Un bestione scuro, di nome Adro, ribelle di indole, si sgancia dal gruppo dei disertori e infila la strada per Scurelle, in forte discesa. L’ebbrezza della libertà gli dà una carica impetuosa, assolutamente irrispettosa del codice della strada che pretende, per chiunque, di tenere la destra e finisce, senza possibilità di dribblare, sulla direttrice di una 1100, nuova di zecca, proveniente in senso contrario. La bestia frena, disperatamente, lasciando sull’asfalto con gli zoccoli scintille da maglio a pieno regime, carambola sulla capotta della macchina e plana , illesa, una decina di metri più in basso. Scende dalla macchina un uomo, bianco come un lenzuolo, che, dopo un rosario di bestemmie, urla, in stato semiconfusionale: Go fato la guera in Russia lunga pausa per respirare a fondo e aggiungere qualche moccolo ma n spavento cussì no lo go mai ciapà .

    Pubblicato sul numero di marzo 2010 de L’Alpino.