Dieci anni fa il Parlamento italiano istituì il Giorno del Ricordo (legge 30 marzo 2004, n. 92) da celebrare il 10 febbraio di ogni anno per ricordare la tragedia delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata, per onorare quelle vittime e divulgare la conoscenza di problematiche ed eventi tenuti segreti troppo a lungo.
Quest’anno il 10 febbraio cadeva di lunedì: per agevolare la partecipazione di alpini provenienti dalle località più lontane, la sezione ANA di Trieste ha voluto celebrare il “Giorno alpino del ricordo” domenica 9, in aggiunta, non in sostituzione, al “Giorno del Ricordo” ufficiale. La scelta si è rivelata felice. Domenica mattina sul piazzale della Foiba di Basovizza erano presenti circa 300 alpini, 22 vessilli sezionali e 72 gagliardetti provenienti non solo dal Friuli Venezia Giulia, ma anche dal Veneto, dalla Lombardia e dal Trentino Alto Adige.
Ha onorato e impreziosito la cerimonia la presenza – per il quarto anno consecutivo – del Labaro, accompagnato dal presidente Sebastiano Favero, dal vice presidente Nino Geronazzo, dai consiglieri nazionali Luigi Cailotto, Gianni Cedermaz, Renato Cisilin, Onorio Miotto, Ettore Superina e dal revisore dei conti Ernestino Baradello. Con loro anche l’ex consigliere nazionale Giuliano Luigi Chiofalo di Udine. Schierati a fianco del nostro Labaro, la Lega Nazionale (i “padroni di casa”) e la Federazione Grigioverde con varie Associazioni d’Arma. Per la brigata alpina Julia era presente il colonnello Paolo Cerviatti e il trombettiere che ha accompagnato l’intera cerimonia. Numerose anche le associazioni patriottiche, di esuli e di familiari degli infoibati. Piacevole sorpresa per tutti, l’arrivo di una settantina di studenti delle scuole medie di Latina.
Il clima umido ma mite è peggiorato a metà mattina e gli alpini sono stati salutati da una bora sferzante e dalla pioggia che ha inzuppato per bene i vecchi cappelli di feltro. Un bel benvenuto, non c’è che dire, per Sebastiano Favero che, da presidente nazionale, partecipava alla cerimonia di Basovizza per la prima volta. Alle 10 in punto gli onori al Labaro che entra nello schieramento, passa in rassegna i vessilli e i gagliardetti e si posiziona accanto al palco. Seguono, come consuetudine, l’alzabandiera, la resa degli onori ai Martiri delle Foibe, la deposizione di una corona d’alloro e i discorsi… alpinamente brevi, anche a causa del freddo!
Le parole del presidente Favero toccano ed entusiasmano gli animi degli alpini e in modo particolare dei triestini, degli esuli e dei familiari delle vittime che più degli altri hanno vissuto e vivono con intensità le sofferenze legate agli avvenimenti accaduti sul confine orientale d’Italia. Sulle note del “Trentatré”, il Labaro lascia lo schieramento seguito dagli alfieri che lottano per tenere in alto i loro vessilli contrastando una bora forte che non dà tregua, mentre i giovani delle associazioni patriottiche sventolano i loro Tricolori.
Una raccomandazione a tutti: occorre parlare delle Foibe e dell’Esodo, sui nostri giornali, nelle nostre riunioni affinché si conosca questa triste pagina della storia italiana fino ad ora ignorata, spesso fraintesa, a volte addirittura contestata! Ben pochi sanno, per esempio, che mai è stata revocata (come prevede la nostra legge in caso d’indegnità) l’onorificenza di “Cavaliere di Gran Croce al Merito della Repubblica Italiana”, con l’aggiunta del Gran Cordone, la più alta onorificenza italiana, conferita nel 1969 da Saragat a Josip Bros (detto “Tito”) che per entità di stragi compiute è al terzo posto dopo Stalin e Hitler nel mondo e nella storia. Dopo la cerimonia, il caldo ristoro nella “Hostaria ai Pini” perché gli alpini sanno coniugare la serietà e l’austera commozione delle cerimonie all’allegro convivio di fronte a un piatto bollente di “jota” accompagnato da un buon bicchiere di “teràn”. Così ci si riscalda, si asciuga la pioggia… e forse anche qualche lacrima di commozione.
Dario Burresi