Ho letto il tuo editoriale Il nostro zaino; dobbiamo dirci e ripeterci qualcosa di etico , anche a costo di sacrificare pagine di fotografie e resoconti di cerimonie per le quali siamo troppo interessati a ricercare l’immagine, il nome, l’elogio! Non mi è facile, in tempi burrascosi per le istituzioni, rimanere sereno e non essere travolto dallo sconforto. Qualche considerazione. Per noi alpini il riscontro della coerenza va ricercato nello Statuto con cinque imperativi: 1) tenere e tramandare le tradizioni; 2) rafforzare i vincoli di fratellanza; 3) favorire i rapporti con i reparti in armi; 4) promuovere e favorire lo studio dei problemi della montagna; 5) concorrere in attività di volontariato. La nostra vita associativa si traduce in propositi, progetti, azioni, ma anche in modi di comportamento che devono essere permeati di trasparenza, serenità etica, correttezza.
Piero Camanni Sondrio
Sono sicuro che Piero, da buon amico e avvocato, perorerà la mia assoluzione va bene anche la formula dubitativa per avere massacrato senza pietà il suo lungo scritto. Per ragioni di spazio ho estrapolato solo alcuni concetti che ritengo essenziali. Ce n’è abbastanza per riflettere. È vero che si sta diffondendo un disorientamento epocale nella nostra società, liberatasi dai riferimenti sicuri delle generazioni passate: la famiglia, la fede, l’attaccamento alle tradizioni, la dirittura morale. Se è innegabile che l’uomo, da sempre, è pervaso dal demone del dominio, della smodata esibizione di sé e della propria ricchezza, oggi, come non bastasse, circola anche tanta arroganza, supponenza e povertà di spirito. L’avere sembra azzerare l’essere. Noi alpini siamo, o cerchiamo di essere, controcorrente ponendo come riferimenti irrinunciabili i valori dello Statuto e della nostra storia. Una sfida. Parlarne più diffusamente su L’Alpino? È un lavoro che si cerca di fare, senza appesantire la linea di uno strumento d’informazione che ha una sua impostazione attenta alla vita associativa e alla sensibilità di quasi quattrocentomila abbonati. Nessuno sconforto però e nessun cedimento; solo consapevolezza che non è sufficiente sfilare impeccabilmente per dieci ore per le vie delle nostre città per sentirsi alpini: bisogna onorare l’impegno di continuare a camminare sulle orme dei nostri veci .
Pubblicato sul numero di marzo 2010 de L’Alpino.