A Pordenone il contagio continua
Rientro nella mia stanza dopo l’ammainabandiera e il passaggio della stecca agli amici de L’Aquila. Ci accompagnano fuori da Piazza XX Settembre tanti silenziosi eroi. Sono presenti anche loro, benché solo nelle icone dorate delle medaglie che ondeggiano sul Labaro. Hanno sfilato con noi, secondo quella logica della memoria, che si espande come un eco, per sussurrare al cuore delle generazioni che avanzano e che non sapevano. Anche la pioggia ha cessato di fare storie. Ma solo qualche ora prima ce l’aveva messa tutta per mettersi a gamba tesa contro il passo cadenzato degli alpini. Chissà perché.
Solo l’emozione ci racconta la storia
Ho ancora nell’animo l’eco del Convegno tenutosi a Marostica sulla Grande Guerra e, a seguire, il CISA in cui abbiamo cercato di capire come raccontare questo momento della nostra storia, in gran parte segnata dall’epopea alpina. Qualcuno tra i presenti ha trovato che l’aspetto teorico sia stato preponderante rispetto a quello pratico, quasi come se si trattasse di cose già dette e risapute. È vero che gli alpini sono gli uomini del fare e questo può talvolta portare a pensare che il manuale di istruzioni per l’uso sia più importante dell’attrezzo stesso che si vuole usare.
Occhio alla bussola
L’Associazione Nazionale Alpini è una grande realtà, questo è fuori di dubbio. Ma come ogni grande realtà, seria e cosciente del suo ruolo, ha bisogno talvolta di riflettere e di effettuare qualche autoverifica. Quest’anno per l’adunata di Pordenone è stato definito il motto “Alpini: esempio per l’Italia”. Come già spiegato in diversi contesti, il motto non è e non deve essere un’autocelebrazione della nostra Associazione e dei suoi iscritti, ma deve indurci a riflettere pensando a coloro che vedono in noi un riferimento e anche a coloro che ci guardano da più lontano non nascondendo qualche perplessità.
Le vite senza valore
Ci sono alcuni fatti che mi hanno colpito in questi ultimi tempi. In Gran Bretagna stanno approntando una legge che obbliga a sospendere le medicine agli anziani che ne abbiano già beneficiato troppo negli ultimi anni e che si consideri abbiano raggiunto un’adeguata aspettativa di vita, ovvero, come recita la legge «quando l’anziano non rappresenta più un beneficio complessivo per la società». Tradotto: siamo alle vite di scarto, alle vite senza valore. In Belgio è entrata in vigore la legge sull’eutanasia applicata ai minori consenzienti, se affetti da malattia grave e irreversibile. Hanno chiesto ad uno psichiatra quale libertà di decisione possa avere un bambino di cinque anni. Lapidaria la risposta: un bambino gravemente malato può avere la maturità di un adulto. Anche qui, come sopra, la logica è identica.
Parole antiche sempre nuove
«Qui, noi facciamo così.
Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi e per questo viene chiamato democrazia.
Qui, noi facciamo così.
Le leggi qui assicurano una giustizia uguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza. Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato. Ma non come atto di privilegio, bensì come una ricompensa al merito. La povertà non costituisce in questo un impedimento.
Uomini della memoria senza fughe nel passato
Ho letto recentemente una frase che mi ha molto colpito. L’ha citata il sociologo Baumann, ma non so se sia sua. La frase è questa: “Quando il ghiaccio si fa sottile, l’unica salvezza è la velocità”. Cosa voglia dire ghiaccio sottile, è presto detto. Significa lo spessore sociale, culturale, economico, relazionale in cui ci muoviamo. È indubbio che la “lastra” su cui pattiniamo è diventata davvero sottilissima e, da qui, la velocità del nostro modo di vivere. Velocità di opinioni che cambiano in continuazione senza che nessun pensiero prenda consistenza e si sedimenti.
Auguri dal vostro presidente
Sono passati pochi mesi dalla mia elezione ed ho già avuto modo, nei miei incontri in tutti i 4 raggruppamenti in Italia ed anche all’estero in Canada, di avere un primo tangibile segno della stima e dell’affetto che legano gli alpini al loro Presidente. Mi avete fatto capire da un lato il peso e la responsabilità di un incarico così alto e dall’altro mi avete trasmesso la forza per poter assolvere al meglio delle mie possibilità il compito che mi avete voluto assegnare.
A proposito di Facebook
Ci eravamo lasciati a settembre, parlando di web 2.0. Dicevamo che navigare in rete oggi è diventato come entrare in un supermercato. Si compra qualcosa ma ormai sempre più spesso si vende qualcosa, mettendo informazioni, notizie, richieste, pareri…
Non dimentichiamoli!
9ottobre 1963: disastro del Vajont. Una delle pagine più buie della storia italica del '900 nella quale, quella tragica notte, furono scritti i nomi di quasi duemila innocenti. Tra i primi soccorritori giunse la brigata “Cadore”: 3.488 militari - giovani di leva, sottufficiali e ufficiali - con altri volontari in ben 38 lunghi giorni scavarono spesso a mani nude per estrarre i corpi delle vittime dal fango.
Dentro una rivoluzione epocale
È un dato di fatto che siamo nel bel mezzo di una rivoluzione epocale. Parlo della rivoluzione digitale, ovviamente. Paragonabile a quella avvenuta con la scoperta della scrittura, poi a quella legata all’avvento del libro, infine a quella del 1450 con la scoperta della stampa. Tappe dell’evoluzione del comunicare che hanno segnato profondamente la cultura del loro tempo, creando entusiasmo ma anche grandi paure. Pensando a quanto scriveva Platone nei suoi Dialoghi – siamo quattro secoli prima di Cristo – non è difficile sentire l’eco di quanto si dice anche oggi parlando dei media: “ti fanno il lavaggio del cervello”, “non si usa più la memoria”, “qualcuno pensa per te”… Da allora sono passati 2.400 anni.
Gli occhi che sanno vedere
Scene, molto diverse tra loro, mi passano davanti agli occhi con la loro forza provocatrice. Casumaro, provincia di Ferrara, primo giugno 2013. Si inaugura la nuova scuola materna, offerta e messa in piedi dagli alpini. Ci sono loro, le penne nere, compiaciute della loro ultima prova di generosità. Lo hanno fatto perché era una cosa che andava fatta. E tanto basta.
Un fraterno saluto
Cari alpini, è con una forte emozione che vi mando questo mio primo caloroso e fraterno saluto. Innanzitutto un grazie dal cuore, credo interpretando anche il vostro pensiero, a chi mi ha preceduto, a Corrado Perona con cui ho avuto modo di condividere i sei anni della mia presenza in CDN. Ne ho apprezzato le doti umane, il grande attaccamento ai nostri valori e la capacità di saper comunicare e trasmettere i sentimenti che scaturivano dal profondo del suo animo.