Conviviamo pacificamente

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    Alpino dal 1964, naja in Piemonte, residente da sempre in Lombardia ma frequentatore assiduo dall’inizio degli anni ’70 del Trentino (Valli Judicarie), con qualche puntata in Alto Adige, rare per diversi anni per l’ambiente ostile riscontrato e più frequenti ora in una situazione un po’ (mai troppo) ammorbidita (naturalmente è un’opinione personale).

    Ho letto l’intervento di Mario Bonfanti riguardante la cancellazione di una via intitolata a de Gasperi, su L’Alpino di dicembre, pagina 5, e con lui mi sono indignato. Poi, però, proprio perché penso di avere almeno un poco imparato a conoscere i trentini, ho voluto approfondire l’argomento, pur sapendo che anche in Trentino sono presenti correnti filo austro-ungariche. In internet ho trovato l’intervento della Sopraintendenza per i beni storico-artistici che respinge la delibera del comune di Pelugo (con il Centro Studi Judicaria e la Fondazione Trentina Alcide De Gasperi, pronti a loro volta ad intervenire). Mi pare inoltre che anche nel paese di Pelugo una parte della popolazione abbia espresso disaccordo sulla scelta del Comune. Sottolineo questo perché credo non possiamo ignorare che nella Grande Guerra gli uomini della val Rendena hanno combattuto nelle file dell’Esercito austro-ungarico contro l’Italia: i cento anni da allora passati sono molti ma non poi così tanti. Ne so qualcosa io che nel settembre del 1943, bambino di 4 anni, ho visto il mio paese Boves, dove ero in vacanza dai nonni, incendiato dai tedeschi, con almeno 20 persone uccise, compresi parroco e coadiutore. Non sono né sociologo né politologo, ma mi piace esprimere qui una speranza: che gli uomini di questa “vecchia Europa” (così la chiama don Gnocchi in “Cristo con gli alpini”) riescano, mantenendo intatto il senso della propria identità culturale, a guardare all’altro, a quello che vestiva una divisa diversa, con “pietas” umana e cristiana. Ho percorso decine di volte i sentieri della Grande Guerra (Pasubio, Ortigara, Coni Zugna, forti dell’Altopiano di Lavarone e dei 7 Comuni, del Vezzena) all’inizio con un sentimento di ostilità verso quelli che, con un’altra bandiera, avevano calpestato le stesse zolle, gli stessi sassi; poi, poco alla volta, sentendo fluttuare nell’aria idiomi diversi dal mio e, dietro di loro, un Paese, una mamma, un papà, una moglie, dei figli, una ragazza… guardare anche a loro con “comprensione”.

    Piero Giorgio Serpini – Vedano Olona (VA)

    Mi raccontava un alpino trentino di aver avuto il nonno paterno tra i Kaiserjäger e quello materno nelle Truppe italiane. Finita la guerra si trovarono sull’Ortigara, piantarono le due bandiere, italiana e austriaca, quindi si abbracciarono. Scoprirono senza giri di parole che la vita non può perdersi nei versanti tortuosi delle ideologie, ma deve fiorire nella comune umanità. Le informazioni che ci dai non ci rallegrano perché ha vinto qualcuno contro qualche altro, ma perché ci ricordano che l’intelligenza, il buon senso e la volontà di convivere pacificamente sono più importanti di tutti gli altri ragionamenti.