Grasso Maurizio era mio papà. Era nato il 14 febbraio del 1962 a Calosso, da un papà con un passato negli alpini sciatori e da madre casalinga. Nel 1981 a 18 anni aveva svolto il servizio di leva presso la caserma Monte Grappa di Torino, dove era rimasto solo un anno.
Papà faceva parte della brigata Alpina Taurinense come autista e certe volte portava con il suo camioncino la fanfara della Brigata a suonare. Fu per poco tempo, un anno soltanto, ma fu un anno ricco, pieno di emozioni, di nuove amicizie, dove imparò la vita di caserma e l’orgoglio di portare la divisa da alpino. Nonostante fosse malato, mio papà queste cose me le raccontava sempre.
Abbiamo passato interi pomeriggi a parlare sulle sue avventure, a farmi vedere i fogli delle visite mediche e quello del congedo. Quando parlavo con lui sentivo trasmettermi l’orgoglio di essere alpino e di aver portato quella divisa e poi ogni mese insieme si leggeva L’Alpino. Mi ricordo che una delle ultime volte che lo abbiamo letto, lui potendo muovere solo gli occhi a causa della malattia, mi fece prendere il giornale e me lo fece sfogliare davanti agli occhi perché voleva sapere tutto sui suoi fratelli alpini! Ora papà da ormai 4 mesi non c’è più.
La SLA se l’è portato via. Molte volte quando sono più triste del solito, prendo il suo cappello, che tanto orgogliosamente ha portato sul capo e me lo stringo forte al petto per sentirlo più vicino. Con questa lettera voglio ringraziare mio padre per quanto mi ha dato e per i sanissimi valori che mi ha trasmesso, sperando di indossare un giorno, anch’io come lui, la divisa alpina.
Letizia
Qualche tempo fa, tre giovani ragazze mi avevano parlato del loro papà, morto anch’egli molto giovane, il quale, prima di morire, aveva devoluto tutti i suoi beni ai poveri dicendo alle figlie: “Vi ho dato una laurea e vi ho insegnato l’onestà. Tutto il resto è per chi ha più bisogno”. Ci sono padri che lasciano eredità che non si misurano sul conto in banca. Mi è venuto spontaneo pensare anche a tuo padre.