Alpini… da nord a sud

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    Mi chiamo Ilaria, ho quindici anni. Vorrei complimentarmi con i lettori che mensilmente inviano le fotografie della rubrica Obiettivo sulla montagna . Allo stesso modo per le pagine dedicate ad Alpino chiama alpino : sono decisamente simpatiche e rimango stupita nel leggere di alpini che ricordano sempre con grande semplicità e nostalgia la naja cercando con trepidazione i propri commilitoni. Beh, forse è questo l’augurio che devo fare a tutti coloro che hanno fatto la naja e che pur avendo avuto tra i commilitoni ragazzi meridionali oggi sostengono che non si è alpini se non si viene dal nord Italia.

    Non credo possano esistere alpini veri o non alpini solo per differenza di origine. Non sono estranea alla cultura alpina. Il mio bisnonno era alpino nella Grande Guerra, mio nonno artigliere in Piemonte e mio padre ufficiale di complemento di artiglieria da montagna. La mia prima Adunata è stata a Catania. A chi è incazzato rispondo che i nostri ragazzi rappresentano l’Italia intera nel mondo, distinguendosi per coraggio e spirito di sacrificio. L’umanità, l’amore per la propria terra, la semplicità e l’umiltà sono caratteristiche che si riscontrano sempre in un vero alpino.

    Ilaria Cossu

    Nord e sud, un tema che si ripropone all’infinito. Forse perché, come ha detto qualcuno, l’Italia è troppo lunga. Ma veniamo al tema. L’espressione alpini esercito del Nord’ appartiene ad una parte politica, non all’ANA, e ha fatto solo danni alle Truppe alpine. Per noi, ribadisco, c’è solo l’Esercito Italiano. Strumentalizzare le più sacre testimonianze storiche per finalità di bottega è ignobile. Negare però che con il passaggio all’esercito di professionisti ci sia stato uno stravolgimento di presenze di ragazzi e ragazze del sud nei nostri reparti significa misconoscere l’evidenza.

    Com’è altrettanto vero che i giovani del Nord non hanno dimostrato un grande entusiasmo per la divisa e quando l’hanno fatto, non raramente, sono stati scartati. Sul valore e sulle capacità operative dei nostri soldati, con o senza penna, provenienti dal Brennero o da Pantelleria poco importa, nessuno ha mai sollevato dubbi.

    Operano nei teatri di guerra più impegnativi del mondo con professionalità, coraggio e sono stimati da tutti. Altro discorso la tradizione alpina. Se dicessi di essere un uomo di mare, magari perché nato nella terra di Pigafetta, direi una bestialità. Se mi fosse passata per la testa, in via puramente ipotetica, l’idea di andare in marina, sarei diventato marinaio. Ma quello che a volte fa imbufalire qualche carattere impulsivo è sottovalutare l’azione educativa della vita di montagna, l’importanza delle tradizioni, del reclutamento locale, dei dialetti, delle canzoni e continuate voi. Sono elementi che hanno strutturato la figura dell’alpino e costruito il mito dei nostri battaglioni.

    Ora è compito degli ufficiali confezionare un nuovo cemento’ per trasmettere quello spirito che ci ha resi unici. E chiudo. Il gen. Di Giorgio, che ha comandato in prima linea dal 1916 al 1917 gli alpini dell’Ortigara, parlava siciliano o più precisamente messinese. Non se l’è cavata male.

    Pubblicato sul numero di settembre 2010 de L’Alpino.