Lacrime sul cappello rubato

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    Come ogni anno all’Adunata succede che nelle nostre tende, soprattutto di notte, arrivino i soliti sciacalli che approfittano della nostra assenza o, ancor peggio, mentre stiamo dormendo, per rubare portafogli, cellulari e quant’altro. Quest’anno è successa una cosa ancor più grave: hanno rubato un cappello e non un cappello qualunque. Il mio amico Ezio, la mattina del venerdì, in modo molto agitato cerca qualcosa.

    Da sotto le coperte lo osservo spostare tavoli, frigo, cassa dei viveri, così mi alzo e chiedo: “Hai perso il portafoglio?”. Lui sospira e con le lacrime agli occhi mi risponde: “No, peggio. Non trovo più il mio cappello. Sono sicuro di averlo messo qui, ieri sera”. Quello non era un cappello comune. Era un ricordo della leva quando aveva dovuto scavare per recuperarlo dalle macerie della caserma di Gemona al tempo del terribile terremoto del ’76. Gli ricordava quanto aveva sofferto per tirare fuori i suoi compagni di naja. Sì, un uomo di cinquant’anni può anche piangere per il suo cappello.

    Diego Baggio – Resana (TV)

    È vero. Un alpino può piangere per il suo cappello.