Là dove tramonta il sole
Sembra un foglio scuro e stropicciato il mare questa mattina, colpa del vento di libeccio che soffia severo da sud ovest. Compare all’improvviso, dopo una galleria, lungo l’autostrada del Turchino. Percorro qualche chilometro ancora e arrivo a Savona, poi a Carcare. L’illusione salmastra svanita. Nel parcheggio della piazza principale mi aspetta Luigi Bertino, profondo conoscitore della gente e delle tradizioni scritte lungo il crinale tra Piemonte e Liguria. Da tempo mi aveva promesso qualche ora che difficilmente avrei dimenticato.
Un Trentatré per dire: grazie Giuliana!
A seguito dell’ottimo articolo apparso il mese scorso, come vecchio collaboratore dei passati direttori Vita, Peduzzi e Di Dato ho avuto l’immenso piacere di conoscere ed apprezzare Giuliana Marra. Una donna straordinaria, trasparente, leale, dalle indiscusse capacità relazionali e integrità morale. Una persona che ha sempre dimostrato grande attaccamento all’Associazione e al proprio lavoro come non mai.
I nostri Caduti
Egregio direttore, le scrivo non certo per fare politica, ma una scelta del nostro governo mi ha lasciato perplesso e vorrei sentire il suo parere. Nei recenti fatti parigini una ricercatrice italiana è rimasta vittima di un fanatismo irrazionale e crudele ed a lei sono stati tributati i funerali di Stato.
Storia antica, vestito nuovo
"Oh! Valentino vestito di nuovo, come le brocche dei biancospini! Solo, ai piedini provati dal rovo porti la pelle de’ tuoi piedini…" Alzi la mano chi, avendo la mia anagrafe, non ha imparato a scuola questi versi del Pascoli. Parole, per noi datate, con le quali si raccontava la fatica delle famiglie del tempo. Persino le uova del pollaio potevano servire per comprare un abito nuovo. Ma questo non era garantito anche per le scarpe se poi, a marzo, le galline andavano in cova diventando chiocce. Versi che ci arrivano con tutta la loro carica di sofferta ingenuità e senza rimandi alla realtà dentro la quale siamo immersi.
Spiegarsi per capirsi
Avevo da poco finito la naja, ero a Longarone per lavoro e quella sera, lontano da casa, decisi di andare al cinema a Belluno. Nella sala tre o quattro persone sparpagliate e quattro giovani alpini in divisa. Da poche settimane era entrato in vigore il divieto di fumare nei cinema e sia io che loro tenevamo la sigaretta racchiusa nelle mani per non far vedere la luce rossastra della “brasa”, in perfetto stile alpino, come si faceva di guardia in trincea.
MILANO – Un restauro per i Caduti
Il Gruppo di Lodi ha “restituito” alla città il monumento ai Caduti della Prima Guerra Mondiale, presente nel cimitero Maggiore. Sono occorsi nove mesi per pianificare e organizzare al meglio il restauro dell’opera, coordinando le eterogenee realtà coinvolte. L’amministrazione comunale ha seguito la parte burocratica, gli alpini hanno restaurato la parte esterna del monumento, mentre gli incaricati della scuola d’arte “Bergognone” hanno pulito il marmo e ridipinto sulle lapidi i nomi dei 250 Caduti.
Trovare la giusta misura
Raccogliamo volentieri il suo invito ad una franca riflessione circa gli avvenimenti più controversi del primo conflitto mondiale. L’autore della lettera di luglio, alpino Mazzocco, mi pare che riporti, pur con toni pacati, accuse e polemiche che a lungo hanno scosso le discussioni tra gli appassionati e anche tra i molti appassionati, e che proviene forse da quell’onda lunga, figlia della politica e della corrente pacifista nota perché condannava Esercito e soldati in toto, già solo per il fatto di esistere, e ancora oggi così presente nel mondo cattolico.
Come nasce un canto
Durante i lunghi anni di prigionia in Russia, il tenente Italo Stagno 1º Alpini, divisione Cuneense, Medaglia d’Oro al Valor Militare, scrisse i versi di questa poesia. Unico degli “ultimi 28” prigionieri italiani a non rivedere l’Italia, si spense il 24 settembre del 1947 nel Waldlazarett n. 1.035, a circa 30 km da Kiev. Il tenente medico Enrico Reginato (Medaglia d’Oro al Valor Militare, btg. Sciatori Monte Cervino) gli rimase accanto fino all’ultimo respiro.
Teresio, ribelle per amore
Il 17 gennaio 1945, appena dopo la sua scomparsa, si parlò della morte di un Santo. Nell’orrore del lager di Hersbruck Teresio Olivelli agì nello stesso modo in cui visse la sua breve vita, inseguendo un istinto di giustizia, difendendo i deboli e gli oppressi. La sua predisposizione ad aiutare il prossimo emerse naturale fin dalla gioventù - era nato a Bellagio (Como) il 7 luglio 1916 - e si fortificò con la militanza ad Azione Cattolica e alla Federazione Cattolica Universitaria Italiana. Al Collegio Ghisleri di Pavia, durante gli studi in giurisprudenza, i compagni lo soprannominarono scherzosamente “Padre Oliva” per la sua religiosità.
Un'eredità da custodire
Brescia ha celebrato ancora una volta magnificamente, a livello nazionale, l’anniversario della battaglia di Nikolajewka: sabato 23 gennaio, la Sezione di Brescia, presieduta da Gian Battista Turrini, ha infatti ricordato la 73esima ricorrenza dell’evento bellico, seguendo lo schema “ordinario” (quello solenne si tiene ogni lustro). Al mattino, incontri tra alcuni reduci di Russia e gli studenti di terza media di due scuole cittadine (la “Giovanni Pascoli” e la “Divisione Tridentina”): operazione non semplice, visti gli oltre 80 anni di differenza tra le generazioni.
Tranquillo… caro Roberto!
Egregio Direttore, caro alpino, hai pubblicato sul numero di dicembre una mia lettera o meglio circa metà del mio scritto e fin qui nulla di strano perché si sa che spesso, per motivi di spazio, è necessario tagliare i testi.
LECCO – Alpino fra gli Alpini
Il ruolo di presidente non è facile, soprattutto in un’Associazione come la nostra: tanti gli impegni, tanti i problemi da risolvere, tanti gli incontri istituzionali. Quando ho saputo che il Presidente Favero sarebbe venuto a far visita al mio Gruppo, ho pensato di organizzare qualcosa di semplice, affinché si sentisse in famiglia, uno di noi. Niente clamori dunque, niente autorità, niente discorsi, così da godere appieno il tempo e la nostra compagnia.