Povera “Mario Fiore”
Sono ormai passati quasi venti anni da quando la caserma “Mario Fiore”, sede stanziale del btg. Saluzzo è stata chiusa. Dal 15 settembre la caserma appartiene al comune di Borgo San Dalmazzo. L’agenzia del Demanio, direzione regionale Piemonte e Valle d’Aosta, l’ha definitivamente ceduta a titolo gratuito. La firma del sindaco Gian Paolo Beretta ne ha siglato la cessione.
Un Trentatré per dire: grazie Giuliana!
A seguito dell’ottimo articolo apparso il mese scorso, come vecchio collaboratore dei passati direttori Vita, Peduzzi e Di Dato ho avuto l’immenso piacere di conoscere ed apprezzare Giuliana Marra. Una donna straordinaria, trasparente, leale, dalle indiscusse capacità relazionali e integrità morale. Una persona che ha sempre dimostrato grande attaccamento all’Associazione e al proprio lavoro come non mai.
Sora, tra realtà e punti di vista
Caro direttore, è da tanto tempo che volevo dire la mia su determinati argomenti ma avevo sempre lasciato perdere, ora è venuto il momento (almeno per me) di chiarire lo scopo della nostra rivista. Prendo spunto da alcuni articoli degli ultimi mesi che non mi sono piaciuti per niente.
I nostri Caduti
Egregio direttore, le scrivo non certo per fare politica, ma una scelta del nostro governo mi ha lasciato perplesso e vorrei sentire il suo parere. Nei recenti fatti parigini una ricercatrice italiana è rimasta vittima di un fanatismo irrazionale e crudele ed a lei sono stati tributati i funerali di Stato.
Trovare la giusta misura
Raccogliamo volentieri il suo invito ad una franca riflessione circa gli avvenimenti più controversi del primo conflitto mondiale. L’autore della lettera di luglio, alpino Mazzocco, mi pare che riporti, pur con toni pacati, accuse e polemiche che a lungo hanno scosso le discussioni tra gli appassionati e anche tra i molti appassionati, e che proviene forse da quell’onda lunga, figlia della politica e della corrente pacifista nota perché condannava Esercito e soldati in toto, già solo per il fatto di esistere, e ancora oggi così presente nel mondo cattolico.
Spiegarsi per capirsi
Avevo da poco finito la naja, ero a Longarone per lavoro e quella sera, lontano da casa, decisi di andare al cinema a Belluno. Nella sala tre o quattro persone sparpagliate e quattro giovani alpini in divisa. Da poche settimane era entrato in vigore il divieto di fumare nei cinema e sia io che loro tenevamo la sigaretta racchiusa nelle mani per non far vedere la luce rossastra della “brasa”, in perfetto stile alpino, come si faceva di guardia in trincea.
Grazie Mario, grazie Belgio
Carissimo Presidente nazionale Sebastiano Favero e caro direttore de L’Alpino, grazie della vostra presenza al 1º raduno alpino in Europa a Marcinelle, una sfida portata a buon fine. Il minatore Luigi, nella foto di prima pagina sul numero di novembre del nostro giornale, è contentissimo, e così gli altri.
Un ricordo che conforta
Ecco quello che hanno saputo fare gli alpini del Gruppo Valpotenza della Sezione Marche con sede a Castelraimondo, piccolo paese di 4mila anime nel cuore dell’Appennino marchigiano. Alle spalle del monumento del paese troneggiano 54 pennoni, tanti quanti sono i nostri figli caduti in Afghanistan. In questi mesi, con pazienza e costanza smisurate gli alpini e le autorità del posto hanno chiesto e in buona parte ottenuto i vessilli delle città di appartenenza dei 54 Caduti.
Per i nostri Marò
Caro direttore e redazione, è un po’ difficile seguire la vicenda (incredibile) dei nostri Marò: anche avendo il tempo di scavare su internet, l’informazione non è sempre completa e correttamente aggiornata. L’Alpino potrebbe riservargli un breve aggiornamento mensile fino alla conclusione?
Umanesimo e illuminismo
Caro direttore, negli ultimi secoli, sino all’Unità d’Italia, il nostro Paese fu colonia e dominio di Austria, Spagna, Francia e Stato della Chiesa, ancor prima fu ripetutamente violato e depredato da barbari e invasori venuti dal nord e dall’est Europa, dal Medio Oriente e Africa mediterranea. L’occupazione da parte della Germania nazista e i bombardamenti delle nostre città ad opera degli inglesi e degli americani sono ancora vivi nella memoria di alcuni di noi.
Intelligenza e cuore
Trentatré anni trascorsi in via Marsala 9, a Milano. Una storia di vita, vissuta a incontrare gli alpini, ad ascoltare le loro voci, richieste, brontolate… Una sensibilità che lentamente ha indossato nel cuore, prima ancora che sugli spazi di una scrivania, operando per i colori dell’Ana. Detta così, con i toni sbrigativi di un commento, che deve obbedire agli spazi e alle logiche delle battute sul computer, anche la vicenda di Giuliana Marra rischia di ridursi, sfilacciata, a un resoconto formale.
Trentatré anni trascorsiin via Marsala 9, aMilano. Una storia di vita,vissuta a incontrare gli alpini,ad ascoltare le lorovoci, richieste, brontolate…Una sensibilità chelentamente ha indossatonel cuore, prima ancorache sugli spazi di unascrivania, operando peri colori dell’Ana. Dettacosì, con i toni sbrigatividi un commento, che deveobbedire agli spazi e allelogiche delle battute sul computer,anche la vicenda di Giuliana Marrarischia di ridursi, sfilacciata, a unresoconto formale. In realtà, in questomomento, in cui sta per prenderecongedo dalla redazione de L’Alpino,per reinventarsi nuovi giornida… pensionata, lievita intorno anoi il senso di un vuoto tutto da riempire,non facilmente colmabile.E non sarà facile, detto fuori dallaretorica di circostanza. Vuoi perchéGiuliana era una sorta di Wikipediadel giornale, per via della sua lungaesperienza, vuoi per il singolareacume di cui la Provvidenza l’haDOPO 33 ANNI GIULIANA MARRA LASCIA LA REDAZIONEdotata. La sua razionalità composta, lucidae stringente era un sicuro punto diriferimento per le generazioni più giovaniche con lei lavoravano e si misuravano.Ed era il suo senso dell’humour,sottolineato da una sonora e coinvolgenterisata, che si imponeva comecollante, oltre le diversità generazionali.Non era un caso se tra colleghe sichiamavano con un generico e reciproco“Sabbry”. Giusto per indicare unaconfidenza e una familiarità che sapevaandare oltre le differenze di anagrafe equelle ovvie dei punti di vista. Giulianaha visto succedersi molti direttorialla testata de L’Alpino. Di ognuno sapevacogliere l’originalità,che rispettava, adattandosicon l’elasticità mentaledi cui è detentrice.Quando arrivò il mio turno,quasi quattro anni fa,mi guardai intorno appenaappena spaesato, pensandodi dovermi adeguare amodi di fare che, ad esserepessimisti, potevano apparirecome incrostazionidifficili da intaccare. Devoringraziare soprattuttoGiuliana se il mio ingresso,scandito dalla sua sorridenteaccoglienza, mi sembrò un ritornoa casa. È banale dire che il valoredelle persone si scopre soprattuttoquando ci mancano. Ma questa nonè una epigrafe. È un sottile dispiacere,come la neve di Lucio Battisti,che cade senza fare rumore. In fondoGiuliana la vedremo e la rivedremo,forse più rilassata e riposatadi adesso. Per cui non ci resta chedirle un grazie senza misura. Per ciòche ha dato all’Ana e a L’Alpino. Eper ciò che ci ha dato, umanamenteparlando. Un abbraccio, Sabbry.Il direttore
Prenderla con un sorriso
Caro don Fasani, sicuramente Luciano Busca continuerà a pregare e a recitare la “Preghiera dell’Alpino” secondo il suo sentire. Penso, però, che forse per un attimo - spero per non più di un solo attimo - gli sia venuta la voglia di cessare di farlo, dopo aver letto la tua risposta alla sua lettera, riportata sul nostro mensile nel numero di novembre.