Cinquant’anni in Famiglia
Gentile direttore Fasani, questa è una lettera scritta a tre mani (due figlie e un nipote) per esprimere attraverso il suo giornale tutta la stima e l’amore per un grande alpino, nostro padre Mario Pianezze.
Una grande medaglia
Cosa vuol dire essere stato un alpino in guerra? Vuol dire il pianto soffocato di una mamma o quello disperato di una sposa, che ti hanno visto partire...Vuol dire un treno pieno di soli uomini, che cantano e ridono ancora, un treno che ti porta lontano in terre sconosciute, assolate e deserte di sabbia, che ti brucia la pelle e ti confonde la mente, fredde e desolate di neve, che ti si incrosta sul viso e ti rovina i piedi...
Noi e l’Islam
Apprezzo sempre le “lettere al direttore” perché sono uno spaccato della nostra umanità. Apprezzo molto che Lei direttore metta spesso in evidenza due temi ricorrenti nei recenti dibattiti pubblici. Mi riferisco al tema delle “foibe” e a quello del malessere di quasi tutto il pianeta nei confronti del ricco occidente, soprattutto da parte mondo musulmano. Penso che quando si affrontano argomenti difficili, è obbligatorio farlo avendo come faro uno dei nostri valori principali, la verità.
Pericolose rivendicazioni
Caro direttore, ho letto su L’Alpino di febbraio 2015, come spesso mi capita di fare, la rubrica “Lettere al direttore”, sempre puntuale e schietta nelle tue risposte. Mi colpisce però la lettera di Tiziano Bertè, mio caro amico, collaboratore stimato e appassionato del Museo della Guerra di Rovereto.
Il V Comandamento
Caro direttore, Lei che conosce la Bibbia più di ogni altro, sa che nella seconda tavola di Mosè, in testa, c’è scolpito il V comandamento “non uccidere”. È messo lì non a caso, prima di tutti gli altri comandamenti della seconda parte, senza se, senza ma. Allora, come Le scrive un alpino, dovremmo essere tutti coraggiosi, audaci, nel renderci paladini dei nostri principali doveri di cristiani, seguendo i dieci comandamenti.
Alpini di mare
Leggendo il numero di gennaio trovo l’articolo “Alpino… in mare” e per me, “Alpino... di mare”, ligure, nativo di una regione dove iniziano le Alpi che in diversi casi si “tuffano” letteralmente in mare e, dove nell’immediato entroterra vi sono picchi rocciosi che sia pur a quote più basse, nulla hanno da invidiare ai massicci più importanti, nelle ultime righe dove si scrive: “Nonostante il Corpo degli Alpini sia abituato alle creste vertiginose e sia l’espressione geograficamente più lontana dagli ampi orizzonti del mare…” per quanto mi riguarda, la frase suona un po’ stonata!
In politica senza cappello
Caro direttore, Le scrivo per chiederLe alcune considerazioni. Non è la prima volta che mi capita di vedere sui Tg nazionali signori che partecipano a manifestazioni politiche, portare distintivi partitici, sfoggiando il nostro cappello alpino.
Il testamento del Capitano
Non è sovrumana maestà quella del capitano Grandi che, ferito a morte, vedendo intorno alla slitta il cerchio silenzioso dei suoi alpini grida: «Che cosa sono questi musi duri? Su ragazzi, cantate con me: il capitano si l’è ferito, si l’è ferito: sta per morir». E allora, sulle desolate distese della steppa invernale, si leva un lesto e mesto corale di alpini, portato dal vento gelido della sera e guidato da una voce sempre più fioca di un morente. «Il primo pezzo al Re d’Italia… Il terzo pezzo alla mia mamma… Il quinto pezzo alla montagna che lo ricopra di rose e fior…». Però «si muore come si è vissuto». E se il dato unanime è l’amore e la devozione quasi filiale dei suoi uomini, significa che esistevano virtù morali e grandezza d’animo necessarie a giustificare un tale legame.
Scelte in autonomia
Egregio direttore, diventare mamma è un dono di Dio che tutti dobbiamo apprezzare e custodire. Era molto importante che la redazione dedicasse su L’Alpino di febbraio, evidenziato in celeste, che la signora Nadia Seccia il 6 gennaio aveva dato alla luce il piccolo Gioele.
Il mulo Facco
Gentile direttore, sono Pietro Fiorito Capogruppo alpini di Povo, già ufficiale in servizio permanente dei btg. alpini “Trento” e “Bassano”, attualmente nella riserva. Su preghiera appassionata e commossa dell’alpino conducente Bruno Trentini, Le chiedo un piccolo spazio per pubblicare queste mie righe per ricordare il mulo Facco decorato di Medaglia d’Oro.
La virtù dei forti
Egregio direttore, devo dire che ammiro la Sua pazienza, senz’altro è pari se non superiore a quella del mitico “Giobbe”. Non c’è giornale L’Alpino, in cui Lei non dia spazio alle lettere che Le arrivano da alpini che si arrovellano il cervello, con accostamenti di ogni genere e critiche, per dire o trovare qualcosa di negativo o addirittura spregiativo sulla nostra preghiera, vedi anche L’Alpino di febbraio.
Il sogno di Mimmo
Ormai è passato quasi un anno da quando il gen. D. (ris) Girolamo Scozzaro è “andato avanti”. Era il 13 aprile dell’anno scorso, la domenica delle Palme, quando la telefonata della moglie Valentina mi ha raggiunto e tra le lacrime mi ha dato la notizia che non avrei mai voluto ricevere, ma che ormai aspettavo.