Il cappello verrà con me
Caro direttore, ho letto su L’Alpino di febbraio in merito a chi lasciare il cappello in eredità. Io sono figlia e moglie di alpino orgogliosissima di esserlo.
Il solito disservizio
Nel fare i complimenti per il nostro giornale che sembra sempre giovane anche se leggendo gli “auguri ai veci” o la rubrica “incontriamoci” capiamo che non è così, non certo per colpa nostra, vorrei segnalare, cosa peraltro nota, che il giornale arriva sempre in ritardo. Anche i numeri di dicembre 2017 e gennaio 2018 mi sono arrivati assieme giovedì 30 gennaio e non è la prima volta.
Valore all’onestà
Non sono affatto d’accordo con quanto scrivi nell’editoriale di marzo “In attesa del nuovo Governo”. A parte il chiaro orientamento a favore di partiti che non hanno nel loro dettato la parola onestà, credo che più che non sapercene fare di onesti ma incompetenti dovremmo temere i competenti ma disonesti.
L’illacrimato
Mi riferisco alla lettera di Damiano Rech uscita su L’Alpino di febbraio 2018 per aggiungere che Umberto I era molto immeritatamente soprannominato “il re buono”.
I discriminati del Friuli
Ho letto della nascita della Tv con la penna e che l’emittente per il Friuli-Venezia Giulia sarà da Ran Friûl e questo significa che la visione è riservata solo agli alpini della bassa, mentre rimangono esclusi quelli della Carnia e del tarvisiano, in quanto la Ran Friûl non è attrezzata per coprire la zona montana.
Il generale Ravnich
Ho letto l’articolo “Una precisazione sulla Garibaldi” su L’Alpino di gennaio scritto da Carlo Danda. Il comandante della Garibaldi, il futuro gen. Carlo Ravnich è stato il primo comandante della appena costituita brigata Cadore a Belluno alla quale fui assegnato (6º da montagna) come giovanissimo ufficiale nel dicembre del 1952.
Retorica di facciata
Leggo su L’Alpino la nuova iniziativa voluta dalla presidenza dell’Ana. Inutile dirti quanto sia importante e soprattutto quanto questa idea sia necessaria. Dal 1955 sono nell’Ana, anzi, dentro l’Ana e condivido anche con qualche se… e ma… certe iniziative, ma questo è un altro discorso. Da anni scrivo che i media Rai, reti televisive varie, stampa radical chic snobbano gli alpini.
Gli Auc che sfilano
Sono uno di coloro che, nonostante i periodici rimproveri su L’Alpino, si ostinano a sfilare con la Smalp, dove sono stati “forgiati” da sei indimenticabili mesi di corso, piuttosto che con la Sezione di appartenenza.
Il maggiore Piva
Ho seguito i vari interventi relativi alla Divisione partigiana italiana Garibaldi e ho letto la lettera di Carlo Danda, bella ed esaustiva. Onore e riconoscenza a tutti i soldati italiani che hanno fatto parte di quella Divisione. Leggendo la storia della “Garibaldi”, mi è venuto in mente un vecchio episodio. Nel giugno 1991, con gli alpini di Venezia abbiamo visitato il santuario di Oropa sopra Biella, passando naturalmente per la sede della Sezione di Biella e per il museo storico dedicato al Corpo degli alpini.
Senza futuro
Nei giorni scorsi ho assistito ad una interessante presentazione di una serata circa i temi alpini. Pacche sulle spalle agli organizzatori e soddisfazione di tutti per la sala gremita, anche se pochi hanno notato che la quasi totalità dei partecipanti erano alpini, mogli o parenti. Sorge spontaneo allora il pensiero se stiamo facendo abbastanza per lasciare una forte traccia dietro di noi o peggio, se abbiamo maturato tutti il fatto che siamo gli ultimi di una grande tradizione. L’autocelebrazione e le pacche sulle spalle vanno benissimo, ma per tramandare, diventa sempre più indispensabile aprirsi verso chi alpino non è, o che peggio, guarda a noi con un misto di divertita ironia, come a dei nostalgici cucinieri di salamelle.
Alpini, nonni speciali
A mio figlio Ettore che ha quattro anni e frequenta la scuola materna gli è stato chiesto dalla maestra che lavoro fa il nonno. Ettore ha risposto: “Fa due lavoli. Giusta i ascensoli e… fa l’alpino!”. Mi è parso bello segnarvelo perché non c’è di meglio degli occhi e del cuore di un bambino per vedere e capire la realtà.
La manichea volontà di dividersi
Quando arriva L’Alpino è una festa. Un grazie a tutta la redazione. Bruno, la tua onestà intellettuale ti farà restare “don”. Ma va bene così, intendiamoci. A proposito del Tricolore italiano con la stella rossa al centro, posso dire anch’io, però come l’alunno dell’ultimo banco, che quelle bandiere io le ho proprio viste sfilare (avevo sei anni) qui per Gorizia, nel 1945 ed erano le bandiere dei partigiani italiani della zona, per la maggior parte comunisti e socialisti, che vagheggiavano la Venezia Giulia come 7ª Repubblica federativa della Jugoslavia.