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giovedì, 29 Maggio 2025

Colpiti nella nostra identità

A proposito di “Pace non pacifismo”, condivido lo sdegno del prof. Bertagnolio contro la macelleria di carne umana perpetrata dall’Isis (lettere al direttore, L’Alpino novembre 2014). Spettacolo raccapricciante, esecrabile senza se e senza ma.

Doppia gioia

Dopo mesi di attesa e intensi giorni di organizzazione si parte. C’è qualcosa di prezioso che ho messo nello zaino. È importante, mi servirà. Non andremo alla ricerca dell’arca, ma salire l’Ararat, perché questa è la nostra meta, significa cercare le radici di un passato lontano in una terra antica, la Turchia, ancorata alle sue millenarie tradizioni.

Il montanaro Eustacchio Costa

Il n. 9/2014 de L’Alpino riporta un articolo di Andrea Bianchi: “La conca di Fuciàde, un museo all’aperto ad impatto zero”. Sono nato ad una quindicina di km da Fuciàde nel 1940, Alpino del 3º Artiglieria da montagna della Julia. Il progetto del Bianchi è una buona idea, un percorso rievocativo degli avvenimenti rappresentati da tabelloni esplicativi lungo la conca di Fuciàde, è un valido incentivo anche al turismo.

L’eroe Alberto Picco

Caro don Bruno, leggendo l’articolo “Il centenario per gli Alpini”, inserito nel numero di novembre del nostro mensile, mi ha emozionato il fatto che la conquista del Monte Nero sia uno dei fatti a cui far risalire il mito degli Alpini.

Il Paese che vorrei

Assistiamo ogni giorno a notizie e fatti di cronaca in tante parti del nostro bel Paese, che rovinano l’immagine, la serena convivenza civile e sociale dell’Italia e degli italiani. Mafia, corruzione, lavoro sommerso, esportazione di capitali all’estero, malavita organizzata. È ora di mettere mano con forza alla moralizzazione del paese.

Risorgeremo?

Nel periodo natalizio la nostra coscienza ci chiede e ci impone di essere più buoni con noi stessi e verso gli altri mettendo da parte il nostro orgoglio. Forse è il più bel periodo dell’anno in cui i sentimenti più nobili e la nostra alpinità, che è il DNA degli Alpini, sbocciano in tutta la loro bellezza come i fiori del campo.

I nostri reduci

Sono il vice capogruppo di un paese di 4mila persone, volevo portare al suo giudizio un problema ormai noto ma con ancora tanta confusione fra i Gruppi. Già diversi anni fa alcuni soci mi chiesero spiegazioni perché dopo la morte di un reduce di guerra al suo funerale non gli si poteva far onore con il cappello alpino e il gagliardetto perché non era iscritto a nessun Gruppo ANA.

Il problema immigrazione

Leggo molte lettere sul vostro mensile e su altri giornali e sono più quelle a favore dell’accoglienza che del respingimento degli immigrati siano essi provenienti dall’Africa e dall’est o quelli ormai stanziali di etnia Rom e Sinti. Questo sentimento fa onore a chi ne è il portatore e nessuno può confutare che il Corpo degli Alpini non sia all’apice di questo nobile sentimento di solidarietà.

Un grazie sommesso

Vi scrivo per ringraziare tutti gli Alpini che si stanno adoperando infaticabili e preparati nelle nostre strade invase dal fango. Ho visto colonne di mezzi ANA della Protezione Civile arrivare anche da regioni lontane.

Una bella pagina

Nei giorni scorsi, a vent’anni dall’alluvione che nel 1994 colpì il Piemonte, abbiamo, in più occasioni, ricordato quel tragico evento che portò distruzione e numerosi morti. Come ogni anno, si è rinnovato il plauso e il ringraziamento alla grande solidarietà che da ogni parte e in mille modi abbiamo riscontrato. In prima fila gli Alpini sia quelli in servizio sia quelli ormai in congedo. Questi ultimi li abbiamo apprezzati sia per la preziosa presenza operativa sia per la loro disponibilità economica; infatti molti Gruppi hanno voluto portare solidarietà e contributi.

Grazie direttore

Mandi. Concedetemi il saluto in Friulano. Tornando a casa in un’ora poco ortodossa trovo all’ingresso L’Alpino di novembre e... decido di leggere l’editoriale di Bruno Fasani. Mi incuriosisce l’inizio... continuo nella lettura. Le righe appassionano sempre di più. Data l’ora, forse il ragionamento limpido e fluido lascia il tempo che trova, ma è straordinario il messaggio, diverso dal solito e molto forte.

In dialetto no

Da qualche tempo nella mia Sezione è nata, a causa mia, una controversia, il tema della quale vorrei sottoporti per chiarire una volta per tutte la stessa: riordinando la biblioteca sezionale, ho ritrovato la nostra “Preghiera dell’Alpino” scritta in dialetto da uno dei nostri maggiori poeti Alpini e, a mio giudizio, leggerla durante le cerimonie celebrate per i nostri amici “andati avanti”, sarebbe un omaggio ai nostri vecchi e alle nostre tradizioni che stanno scomparendo.

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