Messa di Natale del cardinale Tettamanzi pensando alla beatificazione di don Gnocchi

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    Messa solenne in Duomo, a Milano, per un Natale alpino che rinnova un impegno di fede e di memoria insieme. Un appuntamento divenuto tradizione, che ogni anno acquista significato associativo e civile, testimoniato dalla crescente partecipazione di vessilli e gagliardetti, ma anche di Gonfaloni di Comuni non solo lombardi la cui storia è legata a quella degli alpini.

     

    In una domenica mattina ingrigita da una pioggia sottile cui facevano contrasto le luci natalizie dei negozi dei palazzi che fanno quadrato alla piazza, centinaia di alpini si sono raccolti attorno alla compagnia di alpini in armi e alla fanfara della brigata Taurinense, mentre si schieravano la fanfara storica della sezione di Vicenza, le decine di Gonfaloni, 45 vessilli e oltre 250 gagliardetti in attesa dell’arrivo del Labaro, scortato dal presidente nazionale Corrado Perona e da tutto il Consiglio direttivo. Il comandante delle Truppe alpine, gen. D. Bruno Petti, ha passato in rassegna la compagnia d’onore e l’intero schieramento ed ha preso posto com’è tradizione accanto al Labaro, con Perona. Tutto era pronto per l’alzabandiera, eseguito con l’Inno di Mameli.

    Poco dopo hanno lasciato per primi la piazza, per dirigersi in duomo, dapprima i gagliardetti, quindi i vessilli che hanno formato una doppia fila lungo la campata centrale, poi i gonfaloni e infine il Labaro, che ha preso posto sulla sinistra dell’altare. Il cardinale arcivescovo, mons. Dionigi Tettamanzi, accompagnato da mons. Angelo Bazzari, presidente della Fondazione Don Gnocchi, hanno percorso lo schieramento di gagliardetti e vessilli fino all’altare, al quale è stato celebrato il rito.

    Era attesa l’omelia del cardinale, che ha toccato il cuore degli alpini. Alpini ha detto, fra l’altro che pensano al dovere, disposti al sacrificio della propria vita, talvolta anche sulla via della guerra. Ma pensano soprattutto al presente e che l’impegno che li caratterizza è il medesimo: amare il proprio Paese, essere disposti al sacrificio per il bene del Paese per realizzare un mondo più ricco di giustizia e di pace. Sto pensando in questo momento ha detto ricordando i nostri reparti in missione in territori devastati dalla guerra ai Paesi in cui la vostra presenza è preziosa per la giustizia e la pace .

    E parlando di quanto fanno gli alpini in termini di solidarietà, aiuto e assistenza ha concluso: Sto pensando anche ai nostri paesi e alle nostre città, dove la vostra è una presenza quanto mai significativa di cui apprezzo il contenuto e il significato, e per la quale esprimo la mia personale ammirazione e la mia riconoscenza . Conclusa la S. Messa, si è rinnovato sul sagrato lo schieramento iniziale.

    Il presidente della sezione di Milano, che cura ogni anno l’organizzazione della cerimonia, ha rivolto un breve saluto; il vicesindaco di Milano Riccardo De Corato ha ringraziato gli alpini in congedo e in armi, riferendosi alle missioni di pace; riconoscenza verso gli alpini è stata espressa dall’assessore provinciale Gancini al quale ha fatto eco l’assessore regionale Prosperini, parlando della capacità degli alpini di sacrificarsi per gli altri. Infine il gen. Bruno Petti ha portato il saluto degli alpini in armi, dei reparti che sono in Patria e di quelli che si trovano in missione all’estero, in particolare in Afghanistan e ha esaltato la vicinanza della nostra Associazione con una solidarietà che non viene mai meno.

    L’oratore ufficiale di questa celebrazione è stato il reduce Tito Dagrada, che ha ricordato come con Peppino Prisco e don Carlo Gnocchi, all’inizio degli anni Cinquanta, avessero discusso sul modo di ricordare i Caduti della divisione Julia. Nel Natale del 1956, un anno dopo la morte di Don Gnocchi, la prima Messa fu celebrata nella chiesa di San Sebastiano, in via Torino. Poi, con sempre maggiore partecipazione, fu scelto il Duomo.

    La figura di don Gnocchi è stata al centro del discorso di Dagrada. Non a caso il 2009 è l’anno in cui si aspetta la beatificazione del cappellano della Julia, che tutti gli alpini, ma non solo loro, considerano già santo. Al termine degli interventi gli alpini, in corteo, hanno raggiunto il Mausoleo dedicato ai Caduti, in largo Gemelli, al quale è stata deposta una corona.

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    Pubblicato sul numero di gennaio 2009 de L’Alpino.