L’Ortigara è bella ma scomoda!

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    Le cerimonie del pellegrinaggio in Ortigara hanno avuto inizio sabato 11 luglio ad Asiago, nei pressi del sacrario del Leiten. In sfilata un corteo composto dal Presidente Favero accanto al generale Bonato, molti Consiglieri nazionali, 24 vessilli e una cinquantina di gagliardetti di Gruppo. Assieme a noi anche i nostri amici dell’Infanterie regiment nr. 59 “Erzherzog Rainer” di Salisburgo, alcuni rappresentanti dei Kaiserschutzen e gli amici dell’Associazione dei soldati da montagna della Slovenia. Dopo la brevissima cerimonia ho avuto modo di intrattenermi con i miei amici “Rainer” che da tanti anni giungono fin qui per ricordare i loro Caduti e cercare di mantenere viva la memoria del loro pluricentenario Reggimento.

    Prendiamo così accordi per la mattina dopo e salire insieme in Ortigara. E mi sembra di essere tornato ai bei tempi della naja. Sveglia alle 4.30, partenza alle 5 per essere ad Asiago alle 6.30, pronto a dare una mano per portare in quota gli invitati. Carico sul mezzo alcuni “Rainer” e si parte per Val Galmarara, sulla strada che, durante la guerra, era utilizzata dalle Truppe austroungariche per l’accesso alla loro linea difensiva. Parcheggiato il mezzo partiamo per raggiungere la vetta dell’Ortigara ma questa volta, anziché seguire la massa, facciamo una breve deviazione per il Monte Campigoletti a visitare i resti del cimiterino austroungarico e la linea di difesa che fu tenuta dal 7º Feldjager. Spiego ai “Rainer”, nel mio inglese macaronico, la disposizione delle truppe, le linee d’attacco italiane, lo svolgimento delle operazioni. Loro commentano, chiedono, osservano. Parlano sottovoce, in segno di rispetto per il luogo. E mette un brivido sentire oggi, sul Campigoletti il suono gutturale del tedesco…

    Arriviamo in vetta alle 8.30. Tanti alpini, tanta gente. Ci raccogliamo intorno all’altare disposto vicino alla Colonna Mozza. Entra nello schieramento il Labaro dell’Ana scortato dal Cdn quasi al completo, dal Presidente Favero e dal gen. Bonato. Don Bruno Fasani celebra la Messa in un silenzio rotto solo dagli ordini del picchetto e dalle note del coro “Amici Miei” di Montegalda. L’omelia, come da tradizione, di poche parole ma di grande significato pone l’accento soprattutto sulla responsabilità che ha la nostra Associazione nel diffondere all’interno della società una cultura “buona”, positiva, perché il senso del bene comune ci è stato trasmesso dai nostri Padri che qui combatterono. È quindi insito nella nostra indole. All’elevazione svettano al cielo il Labaro, i vessilli, i gonfaloni della regione Veneto, dei comuni di Foza, Conco, Enego, Gallio, Marostica, Schiavon, Valdastico, assieme ai vessilli dell’Associazione Arma Aeronautica e del Nastro Azzurro, Sezione di Asiago. Conto i vessilli, sono 34.

    Guardo il panorama e mi viene in mente il titolo del libro di Monelli e Novello: “La guerra è bella ma scomoda”. L’Ortigara è bella ma scomoda. Dalla vetta vedo le “capitali” di molte Sezioni del Triveneto assenti. Capisco la Sezione Sicilia, che pure in passato era spesso presente, ma le Sezioni che riesco a vedere da qui? E, mi domando, perché sempre più Sezioni organizzano manifestazioni nella seconda domenica di luglio? Uno dei valori più importanti che abbiamo il dovere di preservare è il riguardo, il rispetto nei confronti della nostra storia. Se perdiamo quello cosa ci resta? E fortuna che qualche “colpevole” ha avuto almeno il buongusto di inviare il vessillo in vetta…

    L’Ortigara è bella ma scomoda, perché ci ricorda brutalmente che è facile parlare e farsi belli con roboanti proclami sull’alpinità e poi non riuscire a organizzarsi per portare il proprio vessillo a pochi passi da casa, davanti alla Colonna mozza. Non è certo una manifestazione “mediatica” questa, qui non c’è folla, sei in cima a un monte dimenticato da Dio. Ma, come disse Corrado Perona in un suo entusiasmante discorso: “Qui ci siamo noi e ci sono loro, i nostri veci”. Se dimentichiamo questo il nostro futuro è già scritto. Termina la Messa, viene deposta una corona d’alloro e sono resi gli onori ai Caduti. Niente discorsi, solo la preghiera dei tanti convenuti e i pensieri degli alpini. Tutto qua. Ed è proprio questo che rende unica questa cerimonia, che rende unica la nostra Associazione. Ci trasferiamo al cippo austriaco per rendere omaggio agli avversari di un tempo, è un modo per ringraziare gli amici di oggi. Poi un piccolo fuori programma. Ci rechiamo alla lapide del tenente Ferrero, dove leggiamo la sua commovente lettera, quindi alla lapide della Medaglia d’Oro ten. Giovanni Sebastiano Cecchin da Marostica.

    Viene con noi il gen. Bonato e suscita una certa emozione vedere il primo alpino d’Italia assieme a tanti najoni, tutti accomunati dagli stessi sentimenti. Mi piace questo generale. Di poche parole, roccioso ma simpatico, intuisci, come dal discorso che poi pronuncerà alla chiesetta del Lozze, che vuole bene ai suoi alpini e che questo sentimento lo guida nelle sue alte responsabilità. L’Ortigara è bella ma scomoda. Scendere dalle sue balze fa male alle ginocchia ma si stringono i denti. Purtroppo riesco ad arrivare al Lozze solo per ricevere la benedizione di don Rino Massella che ha officiato la Messa delle 10.30 alla chiesetta, in tempo però per la deposizione della corona d’alloro e l’onore ai Caduti e per ascoltare i discorsi del gen. Bonato e del nostro Presidente.

    Favero, ricordando che la Colonna Mozza fu portata qui quasi cento anni fa come monito per non dimenticare, invita a guardare avanti con coraggio affinché la nostra associazione possa vivere ancora a lungo. E sottolinea che la sospensione della leva non deve permettere che i nostri ragazzi siano abbandonati a loro stessi. Ecco perchè nella riforma del terzo settore, un grande spazio deve essere riservato a quei giovani che vogliono dedicare un perido di tempo al servizio della Patria. Se noi continuiamo a crederci, il risultato ci sarà. Con questo discorso termina il pellegrinaggio, sempre uguale, sempre differente, gonfio di alpinità. L’Ortigara è bella ma scomoda. Però l’anno prossimo ci torno.

    Roberto Genero