L’esempio di Battisti

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    Gli alpini della nostra bella Italia, chi in un modo e chi in un altro, stanno commemorando il centenario della Grande Guerra, tragico scontro tra l’Impero austro ungarico e l’Esercito italiano, in lotta per la propria libertà e per stabilire i confini di Stato. Più volte ho letto sul nostro mensile L’Alpino le imprese eroiche di vari alpini tra i quali Cesare Battisti. Quando ero ragazzino, la mia mamma friulana (Carnica) nata nel 1907, mi ha parlato di Cesare Battisti e mi ha insegnato il giuramento pronunciato sul patibolo il giorno della sua impiccagione. 

     

    Lei lo aveva imparato da una persona che veniva nel nostro paese dalle zone di Trento: l’ha imparato a memoria e cosi me l’ha tramandato, non esiste nessun scritto che io sappia. Potrebbero essere le ultime parole di un eroe. “Cesare Battisti siete condannato a morte per aver preso armi contro l’odiata nemica vostra, ma il nostro Sovrano Imperatore, rende atto in questa piazza che, se voi rivelate tutti i nomi della cittadinanza di Trento sarete condannato alle carceri perpetue”. Cesare Battisti rispose: “Riferite pure al vostro Sovrano Imperatore che un bravo italiano non deve mai tradir la sua Patria, e che mille e mille dei suoi fratelli lo imiterebbero con il proprio sangue”. E la folla urlò: “Impiccatelo… impiccatelo… impiccatelo!”. Battisti rispose: “Oooooo non mi spaventa la vostra forza la vostra ira di servi venduti al Sovrano che esistono nella storia”. E la folla: “Impiccatelo… impiccatelo… impiccatelo!”. Battisti: “E fin che avrò fiato griderò viva l’Italia, viva l’Italia viva l’Ita…”. Quanto coraggio, quanta fede, quanto credo, quanto amore. Per la nostra bella Italia e per la nostra Bandiera.

    Diano Stenirri, Gruppo di Concorezzo, Sezione di Monza

    A qualcuno i toni e la forza di queste parole potranno sembrare retorica d’altri tempi. In realtà sono qui a ricordarci che senza la passione dell’animo per i grandi ideali, la società rischia di ridursi ad una cooperativa di servizi, dove i più furbi arrivano per primi alla greppia. E sono soprattutto i giovani che hanno bisogno di grandi ideali, senza i quali, loro malgrado, rischiamo di farne colpevolmente soltanto dei bamboccioni.