Fare memoria

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    Ho letto con attenzione quanto scritto da Sergio Boem su L’Alpino di aprile in cui denuncia il distacco della società civile dai tanti temi, valori ed ideali che alcuni alpini cercano ancora di promuovere e valorizzare. Ha detto, senza tanti giri di parole, una grossa verità: se ai nostri eventi togliamo la presenza di alpini, amici e familiari ci accorgiamo quanto siano poche le persone interessate a quanto da noi proposto con mostre e serate culturali.

    Noi alpini non abbiamo la presunzione di essere dei maestri: abbiamo però il dovere morale di perpetuare nel tempo ciò che i nostri veci, con sacrificio anche della vita, ci hanno tramandato e insegnato. Ecco perché cerchiamo ancora, nel limite delle capacità di ognuno di noi, di fare memoria storica. Noi abbiamo ereditato un’enorme cultura, da qualsivoglia punto di vista la si voglia analizzare; una cultura tramandata grazie ai numerosi scritti, lettere, testimonianze; una cultura che molti ci invidiano soprattutto per i contenuti etici e patriottici che fa emergere. Boem sostanzialmente pone una domanda: come dobbiamo fare per rendere appetibile l’interessamento e la divulgazione della cultura alpina a chi alpino non è? Paradossalmente nell’era dei social dovrebbe essere facile fare informazione se non fosse che la nostra società si manifesta refrattaria ai nostri contenuti. È vero che la formazione scolastica è il primo seme per una crescita culturale, ma se a monte di una formazione scolastica non c’è una formazione familiare non si va molto lontano (e noi alpini abbiamo avuto la fortuna di avere una sana formazione familiare tramandata da generazione in generazione). Ed in questa società allo sbando dove l’umanità della persona è stata messa ai margini poiché sostituita da interessi di altra natura diventerà sempre più difficile fare cultura alpina. Con la sospensione della leva, se vogliamo avere continuità, a maggior ragione diventa più stringente il confronto con la società civile. Condivido con Sergio che comunque non dobbiamo demordere dal continuare a voler tramandare la nostra storia tramite l’impegno delle Sezioni, dei Gruppi, delle commissioni culturali e dei tanti alpini di buona volontà, di cui Sergio ne è un esempio: ma come? Dovremmo trovare le giuste soluzioni, anche alternative. Gli alpini sono poliedrici e sicuramente sapranno inventarsi qualcosa. Concludo con un concetto lapidario del noto filosofo napoletano Giambattista Vico, il quale nel suo pensiero dei “Corsi e ricorsi storici” così diceva: “…la storia si ripete ma l’ignoranza umana non sa trarre insegnamento dagli errori della Storia…”. Ecco perché è importante tramandare ciò che abbiamo ereditato: per evitare il ripetersi degli errori del passato promuovendo una sana cultura della memoria. Abbiamo un “dovere morale”: non desistiamo.

    Gian Paolo Cazzago Gruppo di Ospitaletto, Sezione Brescia

    Caro Gian Paolo, c’è una lucida razionalità nell’analisi che fai del nostro tempo. A mitigare la tentazione al pessimismo c’è il fatto che non sempre il futuro è il frutto logico delle premesse. Spesso è così, ma non sempre è così. Soprattutto quando la cultura tende ad implodere per le sue ovvie degenerazioni, succede che la società produca gli anticorpi per arginare le patologie. Mi consola pensare che nella “dispensa” degli alpini si conservino i valori-vaccino, necessari nei momenti di epidemia.