CUNEO – Per chi non fece ritorno

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    In circa tre anni di lavoro grazie all’aiuto di altri due alpini, lo scultore Barba Brisiu e l’amico Sergio Falco, ho realizzato tre sculture ricavate da tronchi di castagno e ispirate alle vicissitudini e ai ricordi che la mia famiglia mi ha trasmesso. In questo modo ho voluto onorare il cappello alpino e raccontare il dolore delle famiglie e degli uomini in guerra ricordando l’aiuto del popolo russo nei confronti degli alpini. 

     

    Il primo pezzo di castagno raffigura mio zio Giuseppe all’uscita dal campo di prigionia tedesco di Merim, con la sua sigla Imi 12700. All’interno del campo è rimasto il suo cappello alpino. Alle sue spalle la torretta di guardia e la recinzione di filo spinato. Nel secondo tronco sono raffigurati altri miei due zii, Matteo e Sebastiano, seduti sotto un anfratto di roccia mentre sfogliano un album con i pochi ricordi di casa. Li sovrastano il muso del mulo, loro compagno di sventura, e l’aquila, simbolo del cappello alpino.

    Sulla sommità di questa scultura è rappresentato il santuario del nostro paese e, sul sagrato, la mamma che prega per il loro ritorno che purtroppo non avvenne. E infine, la terza scultura raffigura mio nonno Antonio, anch’egli alpino. Partecipò alla Prima Guerra Mondiale e conobbe la prigionia austriaca. Il suo cappello alpino è appeso al muro e lui, con la mano destra, cerca di trattenere mio padre Bartolomeo dall’ennesima partenza. Ben sette volte venne richiamato alle armi ma, avendo già i suoi tre fratelli in guerra, non fu mai inviato al fronte e si salvò. Quest’ultimo è rappresentato con il cappello alpino in mano, lo zaino ai suoi piedi, pronto per servire ancora una volta la Patria, la nostra Italia.

    Antonio Giraudo