Verità storica e onestà intellettuale

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    Lo scritto del sig. Dorna relativo al sacrificio di Cesare Battisti, bestemmiato come traditore, pubblicato su L’Alpino di febbraio, mi sembra la fotocopia dell’Imperial Regio governo austriaco. L’argomento tuttavia è di tale importanza da meritare, quanto meno per ragioni di reciprocità, anche la pubblicazione della versione italiana. E allora ci provo io, pur consapevole della mia pochezza, per cercare di chiarire la vicenda sotto un profilo più sereno e alto, storico e culturale.

     

    Intendiamoci: è vero che Battisti prima di impugnare le armi contro l’Austria, da lui considerata una potenza usurpatrice, che negava la libertà agli italiani del Trentino Alto Adige, aveva tentato, come parlamentare, di ottenere almeno l’autonomia. Disegno poi superato dallo scoppio della guerra. Ma se si fa un passo indietro e si riflette su come e quando gli abitanti del Trentino divennero cittadini austriaci, le cose cambiano. Si scopre che nessuno è stato interpellato in proposito ne è stata una libera scelta, ma un automatico atto di imperio, a loro estraneo, conseguenza di una guerra tra austriaci e francesi alla fine della quale l’Austria, vittoriosa, iscrisse i trentini validi, e poi i loro discendenti, nella lista dei coscritti del suo esercito, riservandosi di chiamarli alle armi alla prima occasione. Scoppiata la Prima Guerra Mondiale, i soldati trentini vengono sbattuti per lo più nella lontana frontiera dei “Monti Scarpazi”, a combattere contro la Russia. E come tutti i contadini che vengono strappati alla loro terra, per essere buttati nella fornace di una guerra, di cui non conoscono motivi e ragioni, erano tutt’altro che entusiasti. Altro che fedeli combattenti in difesa della loro Patria, di cui non sapevano nemmeno di essere stati nominati cittadini, da estranei strateghi sedenti nel congresso di Vienna del 1815. Senza tante consultazioni che, a quei tempi, non andavano di moda. Un altro passo indietro. A qualunque persona mediamente colta, si metta in mano un atlante di quella porzione di territorio europeo che solo a metà ottocento si è politicamente unita in uno stato nazionale unitario chiamato Italia, subito ne sarebbero saltati alla mente i confini fisici e territoriali. Confini che secoli di alterne vicende politiche ne hanno precisato i limiti, a partire da Padre Dante che sin dal 1300 scriveva: “si come ad Arli ove Rodano stagna, si come a Pola, presso del Quarnaro, che Italia schiude e i suoi termini bagna”; per arrivare alla tacitiana descrizione del Petrarca che descrisse l’Italia “il dolce paese che Appenin parte, il mar circonda e l’Alpe”, per arrivare a Machiavelli e poi su su per secoli di storia, cultura, vaticini, sconfitte, vittorie e sangue, fino ai giorni nostri, appunto sino a Battisti. E qui traduco per chi non lo avesse ancora capito: è per le ragioni storiche di cui sopra che tutto quanto è inscritto al di qua dei su indicati confini, dal crinale delle Alpi in giù, sino alla Sicilia, si chiama Italia. E così è successo che gli ascendenti del sig. Dorna, cui va ogni rispetto, che credevano di combattere per la loro Patria, magari nei lontani “Monti Scarpazi”, invece erano solo stati usati e trattati come i soldati croati del Sant’Ambrogio del Giusti, messi lì nella vigna a far da pali. Ultima considerazione, a riprova della assurdità della tesi di Battisti “traditore” solo perché formalmente cittadino austriaco. Alla stessa stregua dovrebbero essere tacciati di tradimento i mille di e mille volontari italiani artefici del nostro risorgimento, ciascuno dei quali già cittadino di uno dei singoli staterelli pre unitari, col rischio d’esser bollati di tradimento dal Paese di origine e passare dal gran libro degli eroi a quello dei traditori ed i loro nomi scalpellati dalle lapidi e l’Italia retrocessa di 150 anni e così via farneticando. Sorvolo infine sull’ultimo calcio finale sferrato al Cesare Battisti morto. Parole che francamente non fanno onore a nessuno.

    Antonio Raucci, Sezione di Ivrea

    Caro Antonio, grazie per queste puntualizzazioni. Verità storica e onestà intellettuale non hanno bisogno che si aggiunga nulla.