Una stella alpina

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    È il 18 giugno scorso. Con una mail essenziale, com’è nel suo stile, il direttore generale ci comunica che il giorno precedente il Papa ha dichiarato ufficialmente che il martirio di Teresio Olivelli, nel campo di concentramento di Hersbruck il 17 gennaio del 1945, è avvenuto in odio alla fede. Tradotto vuol dire che tra poco, non appena sarà concordata la data tra il Vaticano e la Diocesi di Vigevano, l’alpino Teresio Olivelli sarà proclamato ufficialmente Beato. Davanti a una notizia di questa portata, da giornalista mi chiedo quali possano essere le reazioni di un alpino. 

     

    Orgoglio per un fratello che ci onora dall’alto delle sue grandezze morali? Un richiamo alle nostre radici cristiane, quelle che proclamiamo ogni volta che recitiamo la Preghiera dell’Alpino? Un fatto di cronaca essenzialmente religiosa, che lascia indifferenti coloro che non sono vicini al mondo cattolico? La curiosità giornalistica indaga su uno spettro quanto mai vario di ipotesi, senza ricavarne certezze. È solo il cronista dopo aver conosciuto i fatti che riesce a tirare qualche conclusione. E nella trama della vita di Teresio Olivelli non si scopre soltanto l’eroismo dell’uomo di fede. La sua è piuttosto un’interpretazione senza sconti dello scontro tra il bene e il male, una metafora mai conclusa di ciò che accade nel mondo quando Caino incontra Abele.

    Chi va a rileggere la vicenda di questo gigante dell’umanità, deve per forza fermarsi a meditare sul mistero racchiuso in quella espressione che abbiamo sentito e risentito, magari senza mai fermarci a pensare: Ecce Homo, ecco chi è l’uomo! Espressione che può essere letta in double face. Ecco a quali vertici di amore, di grandezza, di servizio può arrivare l’uomo. Ma anche il suo opposto. Ecco a quali voragini di abiezione, di violenza, di depravazione può arrivare la creatura umana.

    Nella fine cruenta di Teresio Olivelli questo diventa una metafora sulla quale misurarsi: ecco chi è l’uomo e fino a dove può spingersi, nel bene e nel male. Leggendo il percorso esistenziale di questo Beato si è presi come dentro ad un gorgo, facendoti sentire il fascino del bene, ma anche l’indignazione e l’orrore per la violenza ed il male. È il mistero della vita, anche quella che attraversiamo noi tutti come alpini e che potremmo paragonare alla traversata di un deserto. Cammino di libertà, ma anche spazio pieno di insidie e dove ci si può perdere, soprattutto in assenza di stelle cui fare riferimento per orientarsi.

    Teresio Olivelli è una di queste. Raramente mi è accaduto di incontrare un gigante analogo nella mia vita. I vertici della sua umanità raggiungono altezze da vertigine. Credere che proclamarlo Beato sia cosa da addetti ai lavori sarebbe far torto al meglio che sa esprimere l’umanità. Che per noi è anche il meglio che hanno saputo esprimere gli alpini.

    Bruno Fasani


    TERESIO OLIVELLI

    Chi legge per la prima volta la biografia di Teresio Olivelli non può non rimanere attonito di fronte all’eroismo che lo ha portato alla morte. Internato in un lager tedesco, per aver difeso un compagno venne ucciso brutalmente a calci da un kapò polacco. E la grandezza dell’uomo Olivelli sta in questa morte drammatica perché in essa venne sublimato tutto ciò in cui egli credeva. Già da ragazzo e poi ancora da adulto, Olivelli aveva fatto della difesa dei poveri una battaglia personale alla luce di una fede fortissima che lo accompagnò per tutta la vita. Teresio Olivelli nasce a Bellagio (Como) il 7 gennaio 1916. La sua era una famiglia semplice e austera che lo educò ai valori cristiani dalla vita. Iniziò già da bambino la sua attenzione ai più deboli. A 11 anni raccolse in casa sua i compagni più poveri offrendo loro un doposcuola gratuito. I brillanti risultati scolastici gli aprirono le porte dell’Università di Pavia dove si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza. Per il giovane Teresio lo studio del diritto diventò uno strumento per proteggere i deboli. Nel 1938 si laureò col massimo dei voti. L’anno successivo partecipò ai littoriali di Trieste, vincendoli con un tema sul razzismo che sosteneva la pari dignità delle persone a qualsiasi razza appartenessero. Fu anche rettore del Collegio Ghislieri. Allo scoppio della guerra Teresio Olivelli, nominato ufficiale degli alpini, partì volontario per la Russia. Travolto nella tragedia della ritirata, si distinse per il soccorso ai feriti di cui nessuno si occupava. Tornato in Italia, 1’8 settembre scelse la Resistenza. Il 27 aprile 1944 venne arrestato dai tedeschi e rinchiuso a San Vittore. Per lui iniziò il calvario della prigionia. Internato a Fossoli scrisse un testamento che ribadiva la sua viva fede nei valori cristiani. Da Fossoli venne trasferito a Flossenburg e poi, per punizione per la sua continua difesa dei più deboli, venne inviato nel campo di eliminazione di Hersbruck. Ed è in questo campo che si consumò la sua tragica fine. Per aver soccorso un compagno, un kapò polacco gli sfondò lo stomaco con un calcio. Avvertendo la morte vicina chiamò un compagno che spasimava dal freddo e gli donò i suoi vestiti. Fra dolori atroci, spirò il 12 gennaio 1945.

    Enrico Casale – Tratto da L’Alpino, marzo 1996