Una ritirata senza sconfitta

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Ogni volta è come la prima volta, fra le cime dolomitiche illuminate dal sole è sempre un incanto. Giunti al rifugio Angelo Bosi, a 2.325 metri, la chiesetta bianca sopra la scalinata si staglia nel cielo azzurro, e lo sguardo cerca le Tre Cime: sono in fila indiana, sulla destra, quasi irriconoscibili, poi ti guardi attorno e riconosci i Cadini, il Sorapìss e sotto, il lago di Misurina nel verde della vallata di Auronzo, lo sguardo è catturato a riconoscere le altre cime intorno e dopo il Cristallino e il Cristallo, ecco la Croda Rossa d’Ampezzo, con le sue macchie rugginose.

E ti chiedi: ma si potevano sparare o bombardare qui?! Anche dal forte di Prato Piazza tenevano in scacco Monte Piana, e dal Monte Rudo che si staglia “gigante di roccia” proprio di fronte e quasi incombente sul “piccolo e tozzo” Monte Piana. Infine, chiudono la fantastica cornice i Tre Scarperi, la Torre di Toblin col sottostante rifugio Locatelli-Innerkofler, e il Paterno, quando la mente va agli alpini che ne hanno conquistata la vetta, e a Sepp, la guida tirolese, che lì cadde per riconquistarla il 4 luglio 1915. Come sempre, il nostro pensiero va a tutti i Caduti, perché ognuno ha lasciato qui su questi monti la sua giovinezza, la sua vita, chiamato dal dovere per la sua Patria.

Quest’anno, a condividere il comune ricordo, era presente il Presidente della Croce Nera austriaca Peter Rieser, per i buoni uffici del “gemellato” Nastro Azzurro, rappresentato dalla Federazione di Rimini. Rieser ha espresso la condivisione della memoria e sottolineato l’importanza di commemorare «perché significa ricordare, perdonare e non dimenticare, per garantire un futuro migliore alle generazioni dei nostri figli e nipoti, perché possano vivere in un’Europa di pace e benessere. Un’Europa resa possibile dal sacrificio dei Caduti».

Durante tutta la cerimonia è stato assistito dall’interprete Annamaria, per la reciproca comprensione e miglior accoglienza. Erano nove i vessilli sezionali, oltre quaranta i gagliardetti dei Gruppi, altre insegne combattentistiche e d’Arma, e le autorità, hanno reso gli onori alle bandiere austriaca e italiana, al suono dei rispettivi inni, e ai 14.000 Caduti sul “Calvario del Cadore” tra i quali il maggiore Angelo Bosi. Sono state deposte nella chiesetta le corone d’alloro del Comune di Auronzo e delle Sezioni organizzatrici, Cadore e Padova, e i fiori con nastro biancorosso della Croce Nera austriaca. Il cappellano capo delle Truppe Alpine, don Lorenzo Cottali ha celebrato la Messa, con letture in italiano e tedesco, come per la preghiera del gen. Ardi.

Dopo le emozionanti note de “Il Signore delle cime”, Antonella Fornari, scrittrice ed ispiratrice della cerimonia, ha ricordato le vicende di cui il Monte Piana è stato teatro nel 1917, dagli aspri e sanguinosi quanto inutili combattimenti anche sotto 7 metri di neve e 40 gradi sotto zero dell’inverno fra il 1916 e il 1917, alle operazioni che avrebbero dovuto sfociare nell’esplosione delle mine pressoché pronte, dopo l’ultima operazione austriaca denominata “Herbst” di metà ottobre del 1917. A seguito di Caporetto, dopo 29 mesi di guerra, alpini e fanti “dissero addio ai monti” e si ritirarono sul Piave, sul Montello, e il Grappa. Ha concluso, con la sua poesia. “Salendo al Monte Piana pare che tutto sia rimasto come allora, e il vento spazza il pianoro nudo raccontando eventi che non si cancelleranno mai, salire quassù è un’avventura senza tempo, un’avventura dell’anima, un’avventura per ricordare soprattutto il dono prezioso della pace”.

Il comandante del 6º Alpini di Brunico, col. Cristiano Masciulli, ha rappresentato le Truppe Alpine e portato i saluti del gen. Bonato. Per l’Ana c’era il vice Presidente vicario Giorgio Sonzogni con i Consiglieri nazionali Rizzi e Dal Paos. Sonzogni ha portato i saluti del Presidente Favero e ha sottolineato la necessità di continuare a fare memoria, facendo di gagliardetti e vessilli dei simboli d’identità e di appartenenza, riconoscendoci nel Tricolore quanto i Caduti che hanno combattuto per esso. L’arrivederci è al 15 luglio 2018, per tornare «su questo monte tozzo e piatto che ora sembra sorridere sotto i raggi del sole… perché nessuno mai più debba dire ‘Addio!’».

Giuseppe Nicoletto
orbeggio@libero.it