Una fragile pace…

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    Il generale Franco Federici ha passato tutta la vita militare negli alpini, da comandante di un plotone del battaglione Morbegno, alla guida del battaglione L’Aquila, alle pianificazioni delle missioni operative in Iraq e Afghanistan e, infine, al comando della gloriosa Taurinense. D’altronde buon sangue non mente: suo padre Luigi, anch’egli generale degli alpini, è stato comandante delle Truppe Alpine e comandante generale dei carabinieri dal 1993 al 1997, quando il numero uno dell’Arma era scelto fra i generali di Corpo d’Armata dell’Esercito. Dallo scorso ottobre il gen. Federici guida il contingente italiano in Libano. Una missione delicata in cui occorre far buon uso della saggezza, più che della forza. 

     

    Generale, da trent’anni l’Italia è impegnata a vario titolo in Libano, in una delle zone più delicate del Medio Oriente. Quali sono le principali sfide a cui devono rispondere oggi gli alpini che operano sotto l’egida delle Nazioni Unite?

    Dal 1978 l’Italia è impegnata in Libano offrendo alla comunità internazionale un contributo decisivo per la stabilità dell’area e fornendo al governo libanese il massimo supporto in termini di cooperazione e formazione, aspetti contenuti anche nella risoluzione Onu 1701, il documento delle Nazioni Unite che autorizza la presenza di Unifil e dà i lineamenti al nostro mandato. Noi operiamo giornalmente in maniera imparziale, con la professionalità e l’operosità tipiche degli alpini, monitorando la cessazione delle ostilità e lavorando in totale sinergia con le Forze Armate libanesi. Concentriamo tutti i nostri sforzi affinché il sud del Libano continui ad essere l’area più stabile e sicura del Medio Oriente malgrado le crisi internazionali e le guerre che lo circondano. La sfida principale a cui con responsabilità rispondiamo è proprio questa.

    Quali sono i punti di forza di un comando multinazionale come il Comando Brigata italo-francese che ha avuto il battesimo operativo proprio in Libano?

    L’ingresso nella terra dei cedri della Taurinense è coinciso con il “battesimo operativo” del Comando non permanente italo-francese, capacità binazionale che, dopo un intenso ciclo addestrativo condotto sia in Italia sia in Francia, ha raggiunto la piena “capacità operativa”. Il comando multinazionale del Settore Ovest di Unifil ha, quindi, potuto giovare – per la prima volta – della presenza di elementi provenienti dalla 27ª Brigata di fanteria montagna francese, ma anche di professionisti di 12 nazioni che hanno lavorato duramente, con entusiasmo e – mi permetto di dire – anche con successo, al servizio della pace. Ognuno di loro ha contribuito, con entusiasmo, al lavoro quotidiano dello staff, mettendo a disposizione le diverse esperienze operative e umane che hanno arricchito le nostre professionalità. Con i colleghi francesi si è condiviso, sin dall’inizio, la volontà di credere nel progetto bi-nazionale che ha in sé i caratteri forti dell’integrazione europea. Tra l’altro, questo forte legame, è stato altresì, testimoniato in occasione delle numerose ascensioni fatte con gli Chasseurs alpins coi i quali condividiamo l’amore e il rispetto per le stesse vette, l’impegno e la tenacia con il quale affrontiamo le difficoltà tipiche della montagna. Un’ulteriore testimonianza della propensione degli alpini a creare squadra e a generare un forte spirito di appartenenza al Settore Ovest di Unifil, al di là delle provenienze nazionali.

    Tra dicembre e gennaio c’è stato un crescendo di tensione e scontri tra Hezbollah e Israele. Si verificano spesso incidenti?

    La stabilità e la pace nel sud del Libano sono entrambi aspetti molto fragili, spesso influenzati dalle crisi politiche, militari e umanitarie che affliggono da anni tutta la regione mediorientale. La volontà delle parti a mantenere il Libano fuori da tali crisi ha saputo finora superare le tensioni, malgrado gli incidenti che lei ha ricordato.

    Come intervengono i nostri militari per evitare che venga minacciata la delicata opera di mediazione nel definire i confini della “Blue Line” e dei territori contesi?

    I militari italiani, con il loro diuturno lavoro, assicurano che la delicata attività di demarcazione della “Blue Line” avvenga in tutta sicurezza. Non solo attraverso le attività di pattugliamento condotte, con continuità, dagli alpini e dai dragoni della Taurinense notte e giorno, ma anche con le attività di sminamento svolte dai genieri della Taurinense nei pressi dei “Blue Pillar”. Inoltre, la capacità dei nostri militari di interagire direttamente con la popolazione ci ha consentito di disporre di un “quadro d’insieme” completo per la comprensione delle articolate dinamiche socio-culturali di questa delicata area mediorientale e che ha fornito loro uno “strumento” per intervenire efficacemente e con rispetto, quando chiamati a farlo. Tale “strumento”, frutto dell’intenso addestramento propedeutico svolto in Italia prima dell’immissione in Libano, è stato poi arricchito da quella particolare attitudine di “creare sintonia” che gli alpini hanno sempre dimostrato, in Patria e all’estero, pur nella loro ferma determinazione nell’assolvimento dei difficili compiti militari di queste missioni.

    Com’è il rapporto tra le numerose confessioni e come Unifil è impegnata a favore del dialogo religioso?

    Il Sud del Libano è un modello esemplare di multiculturalismo e interconfessionalità: è, infatti, attraverso il dialogo che vengono superate le difficoltà quotidiane e fortificata l’identità nazionale. Il dialogo, insomma, quale strumento di pace. L’esemplare convivenza delle diverse comunità religiose – in Libano ne sono riconosciute ben 19 – è un messaggio da inviare a tutto il resto del mondo e allo stesso tempo una speranza per i popoli del Medioriente che attualmente soffrono una difficile situazione di contrapposizione. La brigata alpina Taurinense, nel corso del proprio mandato, ha costantemente favorito e auspicato il dialogo interconfessionale con numerose iniziative e mediazioni culminate con l’organizzazione un summit interconfessionale che ha coinvolto le maggiori autorità religiose presenti nel sud del Paese, area di responsabilità della missione Unifil. Hanno aderito all’iniziativa italiana il mufti sciita di Tiro, il mufti sunnita, l’arcivescovo greco cattolico e l’arcivescovo maronita che, in un clima sereno e cordiale, hanno affrontato molteplici argomenti di attualità, convenendo tutti sull’importanza del dialogo e della convivenza pacifica tra i diversi culti.

    I caschi blu e in particolare gli alpini realizzano sul territorio numerose attività di cooperazione civile a favore della popolazione. Com’è il rapporto con le organizzazioni internazionali e con quelle italiane in particolare?

    La Taurinense si è impegnata molto nel supporto alle Istituzioni e alla popolazione locali, attraverso la Cooperazione Civile-Militare (Cimic). I progetti di Cimic realizzati finora hanno abbracciato vari ambiti di intervento, coinvolgendo tutta l’area di responsabilità del Settore Ovest; cooperazioni rivolte principalmente all’infanzia, all’educazione, alle infrastrutture e all’ambiente. Alla base della Cooperazione Civile Militare c’è la condivisione e la responsabilizzazione dei progetti con le autorità locali e la disponibilità dei donatori. La Taurinense, infatti, sta operando in piena sinergia e sintonia con le autorità locali, favorendo la realizzazione di progetti condivisi, orientati nel medio termine allo sviluppo delle aree depresse e nel brevissimo periodo a migliorare le condizioni di vita della popolazione residente. La generosità del governo e del popolo italiano permette di realizzare progetti volti al miglioramento della vita dei cittadini del Libano del sud i quali, per il tramite delle Autorità locali che li rappresentano, ne diventeranno, dopo esserne stati i promotori, i garanti della conservazione. Ma l’attività Cimic non coincide solo con la realizzazione di progetti “materiali”. Importanti e decisive sono infatti le “campagne” sanitarie di prevenzione condotte dai medici del contingente nei villaggi del sud, dove sono assenti ambulatori, cliniche ed ospedali. La sanità in Libano ha costi non accessibili ai più e le capacità sanitarie rese disponibili nei villaggi hanno permesso ad ora di trattare diverse migliaia di persone. Il contingente poi, attraverso la musica abilmente suonata dal distaccamento della fanfara della Taurinense, sta portando momenti di serenità, allegria, spensieratezza e fiducia nelle scuole e negli orfanotrofi, tra i giovani libanesi del sud.

    Come giudica il possibile intervento dell’Ana a Qana?

    L’Associazione Nazionale Alpini ha, ancora una volta, confermato la sua vicinanza alla Taurinense, sia prima della partenza sia durante questi mesi di missione. Non ha fatto mai mancare il suo sostegno sia in termini materiali, partecipando con donazioni provenenti dai vari gruppi Ana abruzzesi e piemontesi sia, di vicinanza durante le feste natalizie ed in occasione del ricordo della Campagna di Russia. Immediata e pronta è stata, ad esempio, la risposta della Sezione Abruzzi nel sostenere la nostra iniziativa di commemorare i tragici eventi di Selenyj Jar del battaglione alpini L’Aquila durante la Seconda Guerra Mondiale e donare un cappello alpino in bronzo per la realizzazione di un monumento in onore del sten. Giuseppe Prisco. Con il Presidente Favero e con l’amico avvocato Lavizzari abbiamo, poi, condiviso l’idea di realizzare insieme un progetto di cooperazione in cui alpini in armi e alpini in congedo possano lavorare fianco a fianco in favore della popolazione libanese. Sono convinto che l’intervento di recupero dell’importante sito archeologico di Qana sarà l’ennesima dimostrazione dell’efficienza, dell’operosità e della generosità degli alpini.

    Come e quanto la buona riuscita della missione in Libano può incidere nella lotta all’Isis e quanto per rafforzare la pace nel Mediterraneo?

    La stabilità del Libano è considerata da molti la condizione essenziale per riportare la pace in tutta la regione mediorientale e gli attentati di Beirut lo scorso novembre hanno dimostrato quanto siano concrete le minacce dell’Isis anche in questo Paese. Certamente, pur non rientrando nei compiti della missione, la presenza di Unifil nel Sud del Libano e dei militari della Taurinense, contribuisce, in maniera significativa, alla stabilità generale di questa delicatissima area mediorientale. I militari della brigata alpina Taurinense, al primo mandato nella terra dei cedri, hanno, quindi, contribuito a rendere il sud del Libano l’area più sicura di tutta la regione e, allo stesso tempo, sono stati testimoni della volontà del popolo libanese di credere nella pace. L’irreversibilità di questo nuovo corso dipende molto dalla capacità del popolo libanese di superare le difficoltà interne, di distaccarsi dai condizionamenti esterni, che minano, di fatto, la pace mondiale. In questo processo il successo della missione Unifil è fondamentale per questo popolo, per questa regione e per tutti i Paesi del Mediterraneo.

    Matteo Martin

     

    Intervento Ana in Libano

    Dare un aiuto tangibile in Libano. È questo il senso della missione dell’Ana nella terra dei Cedri. Dal 16 al 31 marzo una squadra dodici volontari alpini, guidata dal Consigliere nazionale e Presidente della commissione Grandi opere Lorenzo Cordiglia, sarà impegnata nella riqualificazione del sito archeologico di Qana, nel Libano del sud, che ha un rilevante significato storico e religioso per la comunità cristiana maronita. Gli alpini di cinque Sezioni Ana (Asti, Bergamo, Luino, Monza e Salò) faranno lavori in muratura, tinteggeranno i locali di servizio del sito, sistemeranno la cartellonistica dell’area archeologica e poseranno nuovi alberi. In questo modo l’Associazione aiuterà la comunità libanese ricreando una piccola economia attorno all’area a beneficio di quanti visiteranno questo luogo in futuro.