Un disegno geniale

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    Caro direttore, il numero di maggio de L’Alpino mi ha dato una grande felicità. Complimenti per aver dedicato la copertina al disegno di un bambino. Prima di tutto perché il disegno è veramente geniale in quanto sintetizza l’essenza dell’alpino e poi perché è stato fatto da un bambino. Non le nascondo che secondo la mia modesta opinione, essere alpini non può fermarsi solo ai ricordi, commemorazioni o feste. Essere alpini vuole dire uno stile di vita fatto da senso del dovere, semplicità, modestia, attenzione verso gli altri, impegno quotidiano, amore verso il proprio Paese.

    L’alpino deve trasmettere con il lavoro di tutti i giorni questo esempio in modo che il suo insegnamento possa essere trasmesso alle generazione future che tanto sono ammaliate dai falsi idoli del denaro, della comodità, della carriera e del potere. Lo sforzo fatto dall’Ana di portare nelle scuole tutto questo è il futuro e la risposta del bambino di 7 anni l’ha dimostrato. Paolo VI ha detto: «L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni». Cerchiamo di essere dei buoni testimoni, di coinvolgere le nuove generazioni, di combattere i falsi miti della nostra società. Il futuro è ancora nelle nostre mani. Non fermiamoci alla critica, siamo propositivi e combattiamo il pressapochismo, il disimpegno e le furberie con il nostro impegno. L’esempio, la speranza e la forza di continuare ce li dà Adam El Haddad, 7 anni, figlio di genitori marocchini. «Non lottiamo per difendere il passato, ma lavoriamo con pazienza e fiducia in tutti gli ambienti che quotidianamente abitiamo per costruire il futuro», Papa Francesco.

    Luca Cozzaglio, Milano

    Caro amico, queste tue righe sono piene di intelligenza e di cuore. Il primo ci insegna in che direzione andare, il secondo ci propone lo stile. Senza queste due componenti non si va da nessuna parte.


    Caro direttore, bando alle diatribe e alle polemiche questa volta. Sono rimasto affascinato dall’emozione che ha ispirato il bambino autore dell’Alpiedino, un disegno davvero significativo e geniale; come pure dal commento ‘lirico’ che ne fai sull’editoriale. È necessario ogni tanto attingere acqua pura da fonte limpida e genuina dell’innocenza, per scoprire di non aver smarrito del tutto la nostra dimensione umana di fronte al sacrario dei valori universali e irrinunciabili. Grazie.

    F. Lanzellotti

    Grazie, caro amico, per dire grandi cose bastano poche parole. Come sai fare tu.


    Caro direttore, innanzitutto i miei complimenti per i suoi editoriali e per le sue risposte. Traggo lo spunto per queste righe dalla copertina de L’Alpino n. 5/2015 riguardante il disegno vincitore del concorso “Una mascotte per l’Adunata” e da alcune risposte che dai nella tua rubrica “lettere al direttore”. Il piccolo Adam El Haddad, dice di aver scelto il titolo del disegno “Alpiedino”, perché «un Alpino è Alpino dalla testa ai piedi». Guardando questo disegno, mi chiedo: perché ha disegnato un nudo cappello, con tre medaglie e la penna, sorretto da due grossi scarponi? La tua competenza ha dato risposte che, spero, oltre ad essere condivise possano anche tradursi nella pratica. Questo disegno mi ricorda quanto inculcatomi dai nostri veci: 1) quando ho il mio cappello in testa devo ricordarmi che non sono il solo a portarlo, per cui se, con il mio comportamento, gli manco di rispetto, offendo i cappelli di tutti gli alpini; 2) quando ho il mio cappello in testa devo adeguarmi alle scelte fatte da chi, in quel momento, rappresenta il mio Gruppo, il mio coro, la mia fanfara, anche se non le condivido totalmente; 3) quando ho il mio cappello in testa le mie idee personali (politiche/religiose) devono rimanere nascoste; 4) devo ricordarmi sempre dei valori che stanno sotto il mio cappello: solidarietà, fratellanza, amicizia e senso del dovere; 5) sul mio cappello non deve trovare posto alcun “nido d’aquila”. La sciarada di Addam El Haddad rende omaggio al nostro cappello e ricorda quegli “scarponi” che sono “andati avanti” in maniera semplice, ma profonda. Sicuramente il piccolo Addam, figlio di marocchini arrivati negli Abruzzi, indica a tutti noi, specie a quegli alpini che han dimenticato ciò che rappresenta il loro cappello, che il traguardo della amicizia/ fratellanza domanda ancora tanta strada da fare.

    Angelo Turinelli presentatore del Coro Alte Cime della Sezione di Brescia

    Caro Angelo, tu, rispetto a Mosé, ti sei fermato a cinque… comandamenti. Ma sono essenziali e bastano per fare di un alpino un alpino autentico. Quanto ad Addam, pur essendo nato in Italia, le sue insegnanti mi hanno riferito che si tratta di un bambino che parla molto poco. Ma basta dargli una scatola di colori per metterlo in condizione di raccontare tutta la ricchezza del suo mondo interiore.