Un canto di pace

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    Cosa sia il Monte Tomba e quale l’importanza della sua annuale commemorazione da parte della Sezione di Bassano, lo ha ricordato il direttore de L’Alpino nel discorso di apertura alla cerimonia ufficiale. Prendendo a prestito l’immagine del concorso a Miss Italia, ricordava che a vincere è una sola, ma quanto a bellezza anche il resto non è contorno. Questa è la bellezza del Monte Tomba.

    Un monte che non ha il pedigree dei luoghi più sacri agli alpini, ma che in fatto di prestigio, non teme concorrenza. Basta sfogliare qualche pagina di storia per sapere che in questi luoghi hanno trovato riparo le truppe italiane, ripiegate qui dopo la disfatta di Caporetto, il 24 ottobre del 1917. E qui, a partire da quella data, si sarebbe consolidata la linea difensiva del Monte Grappa che, con la conquista del Monte Tomba e del Monfenera, avrebbe trovato un assestamento strategico importante pressoché definitivo. Ne sa qualcosa il giovane Rommel, che invano cercò in questi luoghi di dare lustro anzitempo alle sue qualità di condottiero.

    La memoria va a quei giorni, intrecciati di uomini nemici tra loro e odore acre di spari e di morte. Ma subito dopo, lo sguardo e la mente tornano al presente, immerso in un clima di entusiasmo e di amicizia difficilmente descrivibile. A dare una mano ci si mette anche il cielo. Una brezza leggera e gradevole spazza l’orizzonte regalando alla vista scenari incomparabili. Più sotto, nella valle, sornione come un serpente, il Piave ci regala sciabolate di luce, mentre più in là e più lontano la Laguna veneta si staglia nitida a favore dello sguardo.

    Più a est, Trieste e il profilo dell’Istria si uniscono in un unico abbraccio, quasi a sottolineare che la topografia basterebbe da sola a mettere i confini, se solo gli uomini non facessero calcoli diversi. Sul Monte Tomba, l’appuntamento ufficiale è sempre alla prima domenica di settembre, ma a creare clima di fratellanza e di gioia, si parte la sera del sabato. Almeno questo è quanto si sperimenta. Ma prima ancora è stato il lavoro di tanti alpini, guidati da Loris Ceccato, Capogruppo di Cavaso del Tomba e dal Presidente di Sezione, Bepi Rugolo, a fare la differenza.

    Si capisce che dietro una manifestazione così, ci sta una regia dove nulla è lasciato al caso. Si respira l’efficienza del Nordest, ma anche l’entusiasmo di un Gruppo e una Sezione che hanno saputo portare dentro energie giovani e intelligenza di progetti. Si comincia il sabato sera, dicevo, alla baita sul Monte Tomba. È una festa in grande stile, ai piedi della chiesetta della Madonna, voluta dagli alpini. Un enorme mosaico, di oltre 250 mila tessere, di grande valore artistico, incombe a mettere sotto il manto della Vergine i Caduti di ogni bandiera, ma anche le fatiche della gente in cammino, che alza il naso verso di lei, giusto per nascondere quello che passa nell’animo.

    Dentro la baita, sarà il coro Valcavasia, a intrattenere gli ospiti al termine della cena. In onda questa volta vanno canti e racconti della “Guera Granda”. Uno spettacolo da esportare, per la sua capacità di far pensare e coinvolgere emotivamente. Un’ora e passa di emozioni, in cui i canti alpini si intrecciano con racconti, poesie, storie di guerra e lacrime di guerra. Un mix straordinario, sotto la direzione di Sabino Toscan, con le narrazioni del professor Roberto Codemo e la partecipazione del poeta Sergio Mocellin. A spartire il clima di festa ci sono le delegazioni di Ungheria, Austria e Germania.

    C’è Giovanni Natale, Presidente della Sezione Abruzzi, a ricordare Alfredo Di Cocco di Pescara, Medaglia d’Oro del Monte Tomba insieme al ten. Antonio Ciamarra, anch’egli con stessa decorazione. C’è la Sezione di Parma e una miriade di gagliardetti di ogni dove. Li ritroveremo il giorno dopo per la commemorazione ufficiale. Presente anche il sindaco alpino, Giuseppe Scriminich, un concentrato di lucida e prammatica cordialità. Si parte con l’alzabandiera. Sono nove le bandiere, come nove sono gli inni che accompagnano il loro salire verso il cielo. Garriscono leggere come un canto di pace, su quello che fu un giorno scenario di guerra.

    Andrea Benedicenti