Un abbraccio lungo 12 ore

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    Più che l’Adunata in una città, Aosta, è stata l’Adunata in un’intera valle. Era giusto che fosse così. In quella val d’Aosta dove migliaia di alpini si sono formati,
    l’hanno percorsa in lungo e in largo, ne hanno raggiunto le vette faticando, sudando, imprecando ma sempre poi amandole e portandole nel cuore.
    Nessun’altra valle ha segnato così profondamente la vita di tanti alpini come la valle d’Aosta. E perciò, nonostante le difficoltà e i problemi da superare perché nessun territorio subisce impunemente l’assalto in massa di centinaia di migliaia di persone gli alpini in val d’Aosta ci sono venuti, ci sono tornati.
    Nei primi giorni della settimana Aosta s’è mostrata quasi indifferente alle avanguardie che vagavano per la città, gruppetti di alpini in cerca di ricordi: la caserma, l’osteria, la piazza. Giravano come uccelli migratori che prima di spiccare il volo per tornare in terre lontane aspettano che si compatti lo stormo.
    E il gruppo s’è compattato già venerdì, e allora s’è capito che sarebbe stata un’Adunata eccezionale.
    C’erano alpini dappertutto, da Pont Saint Martin a Courmayeur, e dovunque ci fossero c’era una bandiera: tutta la valle era imbandierata.
    Freddi, gli aostani?Piuttosto, abituati agli alpini, perché se è vero che quei luoghi hanno risvegliato ricordi in chi aveva fatto la naja in valle, la stessa memoria è stata risvegliata nei valligiani, che hanno accolto gli alpini naturalmente, perché sono sempre stati di casa. E sono accorsi in massa venerdì sera lungo il percorso delle Bandiere di Guerra, del 4º Reggimento che più aostano non si può, e del 1º reggimento artiglieria da montagna, gremendo piazza Chanoux quando era ormai calata la sera e i palazzi illuminati la rendevano ancora più suggestiva. Poi è stata festa, ininterrottamente, fino a notte inoltrata e il giorno dopo e la notte ancora.
    L’alba di domenica è stata d’un silenzio quasi irreale, dopo tanti suoni e canti e incontri e feste un po’ dappertutto. Sgombro completamente il percorso della sfilata, tutto il resto calmo. Ma quando, alle otto in punto, dopo gli onori al ministro per i Rapporti con il Parlamento Carlo Giovanardi, che era accompagnato dal capo di Stato Maggiore dell’Esercito ten. generale Ottogalli (verrà, a metà mattina, anche il ministro della Difesa Antonio Martino con il capo di Stato Maggiore della Difesa gen. Mosca Moschini) la Fanfara della Brigata alpina Taurinense ha aperto la sfilata, è stato tutto uno sventolìo di bandiere e battimani. Seguivano le Bandiere di Guerra scortate da due compagnie, il gruppo di ufficiali e sottufficiali in armi, la Fanfara della brigata alpina Julia , i gonfaloni della città di Aosta e della Regione e quindi il nostro Labaro, che fra gli applausi ha preso posizione a fianco della tribuna d’onore per ricevere l’omaggio di tutti gli alpini. Poi è stata una marea, cadenzata dal suono di oltre 150 fanfare, continuata per tutta la mattina e il pomeriggio e poi la sera. Una sezione dopo l’altra. Prima i reduci e i mutilati, poi la rappresentanza del nostro ospedale da campo e della Protezione civile, quindi gli alpini delle sezioni di Zara, Fiume e Pola (ci ricordano una ferita ancora aperta) e poi le sezioni più lontane: Sudafrica, Perù, Cile, Uruguay, sempre meno numerose, sempre più lente. Fino alle otto di sera, quando s’è fatta spazio, come per prendere la rincorsa , la sezione di Aosta, con il vessillo e il presidente Coquillard in testa e poi tutti gli alpini aostani, a prendersi un mare di applausi.
    Erano quasi le otto e mezzo quando il ministro Giovanardi ha lasciato la tribuna (un record di permanenza, complimenti signor ministro, gli alpini hanno molto apprezzato!) per ricevere gli onori militari, e poi, precedendo il Labaro scortato dal presidente Parazzini, dal comandante delle Truppe alpine ten. generale Iob e dai consiglieri nazionali se n’é andata a passo di marcia anche la Fanfara della Taurinense, che suonava a cantava quell’inno che parla della più bella gioventù data all’Italia e che qui sanno tutti, perché non c’è nessun altro canto che identifichi meglio la gente di questa valle.
    La stessa gente che applaudiva e cantava con gli alpini, e che infine è uscita dalle transenne e ha fatto corona. Sembrava davvero un grande abbraccio.

    Giangaspare Basile