Tornare ad essere alpino

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    Mi permetto di darti del tu dato che un sottile filo comune ci lega: come te ho iniziato la naja alla SMALP di Aosta, 14° corso ACS nel 1967. Ti scrivo riguardo le lettere al direttore “Capitano quaquaraqua” del novembre 2013 e “Riscoprirsi alpini” del marzo scorso.

    Essendo molto sensibile ho sofferto dell’arroganza e della boria di qualche ufficiale desideroso di protagonismo pur di esercitare il temporaneo potere in modo puerile e ridicolo. Ciò mi ha procurato una crisi di rigetto. Congedato mi sono iscritto fino al 1983 nel gruppo del mio paese ma in modo marginale e inattivo. Poi un’attività imprenditoriale mi ha allontanato fino al 2008; ma il rivedere il cappello alpino conservato come un oracolo, il suo fascino e la testimonianza degli alpini presenti ovunque e in ogni calamità naturale, mi ha ridato un nuovo imput di fiducia. Ma come hai scritto tu è giusto non generalizzare l’errore e non eclissarsi dietro a un falso alibi per evitare un importante impegno sociale.

    Mario Bruno Pagani – Arcisate (Varese)

    Caro Mario, prima di tutto ricorda che tra alpini ci si dà del tu senza tanti timori o riverenze. Quanto alla tua storia, va detto che se dovessimo metterci in disparte per qualcuno che ci ha deluso, saremmo tutti degli eremiti. In realtà per uno che sbaglia ce ne sono almeno cento di valore. E questo ci basta per essere orgogliosi di stare insieme e di portare il cappello che abbiamo ricevuto.