Sui Fori Imperiali 150 anni della nostra storia

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    La sfilata del 2 Giugno, Festa della Repubblica, a Roma, nella storica cornice di via dei Fori Imperiali offre ogni anno uno spettacolo imponente. Ma quest’anno, nel 150° dell’Unità d’Italia, è stata particolarmente solenne: è stata la vetrina, o meglio, il film della nostra storia patria attraverso i suoi soldati con i loro sacrifici, i loro eroismi e i loro Caduti. Una parata che non aveva nulla di guerresco: quei militari, marinai, carabinieri, reparti speciali e alpini mai come ora ricevevano amore e applausi, erano un tutt’uno con le migliaia di persone che stipavano le tribune e i lati del grande viale.

     

    Alimentavano, partecipando essi stessi alla festa come prim’attori, quel senso di unità che s’è ridestato con i sentimenti più genuini di appartenenza, assieme all’orgoglio per i nostri militari. Di prima mattina il presidente Giorgio Napolitano ha deposto una corona all’Altare della Patria, in piazza Venezia. Poi, scortato dai corazzieri cavallo, a bordo della Flaminia presidenziale con il presidente del Senato Schifani, il ministro della Difesa La Russa e il capo di Stato Maggiore della Difesa, gen. Abrate ha raggiunto le tribune allestite lungo via dei Fori Imperiali dove erano presenti un’ottantina di delegazioni straniere, con 42 fra capi di Stato e di governo, esponenti di istituzioni internazionali, delegazioni militari invitati dal presidente Napolitano a partecipare ai festeggiamenti per il compleanno della nostra Nazione.

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    Poi la parata. Hanno sfilato reparti con le divise storiche, con i veicoli e l’equipaggiamento di fine Ottocento e con essi la storia del nostro ancora incompiuto Risorgimento, fino alle attuali missioni di pace. Uno spettacolo particolare lo davano le tribune: la diretta televisiva ci ha fatto vedere, ed ha diffuso in tutto il mondo, una carrellata sugli ospiti, dal re di Spagna Juan Carlos, al segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon, al vice presidente degli Stati Uniti Joe Biden con il presidente russo Dmitry Medvedev, al presidente del Consiglio Europeo Herman Van Rompuy, al presidente afgano Hamid Karzai. E poi il leader palestinese Abu Mazen accanto al presidente israeliano Simon Peres e i presidenti della Lega araba Amr Moussa e dell’Unione Africana Jean Ping, di Germania Christian Wulff, di Austria Heinz Fischer, di Serbia Boris Tadic e tanti, tanti altri.

    Insomma i capi di stato e di governo di quasi tutta Europa e non solo, principalmente di quelle nazioni assieme alle quali l’Italia partecipa nelle missioni internazionali, spesso avendo funzione di leader grazie alla stima di cui godono i nostri militari, e gli alpini in particolare. La parata era stata studiata in modo da ripercorrere le varie tappe che hanno portato all’unità della nostra nazione ed è cominciata con i granatieri di Sardegna nella divisa storica, il Corpo più antico dell’Esercito discendente dall’antico Reggimento delle Guardie istituito nel 1659 dal duca Carlo Emanuele II di Savoia e trasformato nel 1° Reggimento Granatieri nel 1831. E con una Bandiera portata sull’affusto di un cannone trainato da cavalli: la Bandiera di guerra del 1° battaglione del 44° reggimento Fanteria della brigata “Forlì”, i cui 37 fra ufficiali, sottufficiali e fanti, durante la terza guerra d’Indipendenza contro l’Austria-Ungheria (nel giugno 1866), circondanti da quattro battaglioni austriaci si trincerarono in una cascina a Oliosi, ad alcuni chilometri da Peschiera del Garda.

    Resistettero per tre ore ai furiosi attacchi ma quando la cascina andò in fiamme, ai superstiti non restò che la resa. Prima di affidarsi al nemico, però, tagliarono a strisce la bandiera e ne nascosero sotto la divisa un pezzo ciascuno, bruciarono l’asta e misero sotto la cenere del camino la punta. Finita la guerra, la punta venne recuperata, la bandiera ricucita e consegnata al ricostituito reggimento nel corso di una solenne cerimonia in piazza San Marco, in una Venezia italiana. Anche questi sono gli uomini che fecero l’Italia, senza condizione di grado, animati dagli stessi sentimenti. Tante di queste storie di eroismo, sacrificio e amor di Patria sono passate davanti alle tribune la mattina del 2 Giugno a Roma, e davano il senso d’una nazione, della sua memoria e della sua forza.

    Da quelle vecchie carrette tirate a lustro e i blindati che oggi fanno sorridere ai moderni mezzi supertecnologici, come gli aerei robot. Perfino gli alpini, col loro calmo e solenne incedere, hanno testimoniato la loro modernità, perché attorno a loro aleggiava lo spirito di quelle prime dieci compagnie del 1872 che furono l’avanguardia d’un esercito che puntava sull’uomo. E poi la Croce Rossa, i vigili del fuoco, carabinieri e polizia e gli allievi delle Accademie e le varie specialità dell’Esercito. Dopo tante fanfare e inni, durante i quali abbiamo visto passarci davanti l’Italia migliore, il rombo possente delle Frecce Tricolori ha avvisato che la parata era finita. Nell’aria è rimasto un lunghissimo Tricolore. Auguri, Italia. (ggb)