Se vincono gli egoismi

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    Apocalisse, baratro, default, insolvenza, fallimento… e via drammatizzando, sono i termini che sentiamo ripetere da troppo tempo ormai sulla crisi economica che attanaglia soprattutto i Paesi dell’Europa e il nostro Paese in particolare. Ma c’è un’altra crisi che incombe, ed è quella del progressivo mutamento delle condizioni climatiche della terra, provocato dai gas di scarico, che pare non interessi quasi nessuno anche se i segni e le conseguenze sono evidenti. Questi due flagelli hanno origini e caratteristiche parallele: sono il frutto di egoismi e di interessi particolari di governi e nazioni ma pur sempre, nel panorama mondiale, particolari nel senso che di volta in volta ogni possibile soluzione ciascuno si aspetta che la trovino gli altri. Si è appena chiuso il vertice di Bruxelles con i rappresentanti di 27 nazioni: era definito il più importante degli ultimi vent’anni.

    I vari capi di Stato, con i vertici dell’Unione, avrebbero dovuto trovare la soluzione per uscire dalla crisi e salvare l’euro, e con questa moneta anche l’Unione Europea. Sull’esito del vertice ci sono due opinioni contrapposte, mentre sono tutti d’accordo che almeno abbiamo salvato l’euro e che occorre rivedere il trattato che sta alla base dell’Unione. Sarà una revisione a 26, giacché il premier inglese, da sempre euroscettico, ha abbandonato i lavori e se n’è tornato a casa, non tollerando la revisione delle norme sui servizi finanziari che avrebbero penalizzato la City di Londra e le sue banche.

    Mai come ora l’Unione Europea si rivela un’istituzione composta da singoli Stati, con le loro regole e privilegi, poco disposti a rinunciare a qualcosa o a sacrificarsi per gli altri; ed una moneta comune che si basa su un accordo e non sulla forza monetaria d’uno Stato unitario. Ha perso il principio della solidarietà, ha vinto l’egoismo anche se all’ultimo vertice non s’è rotto il vaso che contiene tutti. E questo appare già un successo. Quanto all’ambiente in cui viviamo e alle preoccupazioni che derivano dal cambiamento climatico dovuto al surriscaldamento del pianeta, le cose non vanno meglio. La diciassettesima conferenza, svoltasi a Durban, in Sudafrica, alla quale hanno partecipato i rappresentanti di 200 Paesi si è conclusa dopo un dibattito-maratona con una sorta di documento, firmato all’alba, che rimanda l’entrata in vigore delle limitazioni dei gas serra al 2020 e stabilisce, per sovvenzionare i Paesi più poveri che usano ancora tecnologie obsolete e inquinanti, un fondo di 200 milioni di dollari che non si sa bene come verrà finanziato.

    Cina e India non sono disposte a rinunciare ai rispettivi impianti (molti dei quali sono stati dismessi e venduti dai Paesi occidentali) mentre gli Stati Uniti, che finora inquinavano più di tutti gli altri messi insieme, non hanno mai firmato il protocollo di Kyoto né alcun altro impegno da vent’anni a questa parte. Insomma, una sagra degli egoismi. Intanto la temperatura della terra si avvicina pericolosamente a quell’aumento dei due gradi che viene definito il limite di non ritorno.

    I segnali non mancano: fenomeni meteorologici estremi si susseguono, il nostro clima temperato si è trasformato in sub-tropicale, con lunghi periodi di pioggia e altrettanto lunghi di siccità. Venticinque anni fa, l’istituto per lo studio del clima delle Nazioni Unite aveva stimato che i gas serra (negati da scienziati prezzolati dai petrolieri e dagli industriali) avrebbero fatto sparire la neve entro il 2010 al di sotto dei 1500 metri di altitudine. Ci stiamo avvicinando. I nostri ghiacciai, dall’Adamello alla Marmolada, a quelli delle Alpi orientali si vanno restringendo. Chi viaggia sulle rotte polari vede interi pezzi della calotta artica con crepe lunghe chilometri.

    Quando si staccheranno milioni di metri cubi di ghiaccio e si scioglieranno, ci sarà un innalzamento del livello degli oceani e, quindi, dei mari, compromettendo l’equilibrio della corrente del Golfo, che è quella che mantiene in vita l’Atlantico. L’inquinamento delle nostre città è sotto gli occhi (e nei polmoni) di tutti. In questo universo di stupidità gli alpini sono una grande eccezione. Fortunatamente non sono soli, perchè se il ghiaccio si muove, si muovono anche altre associazioni e istituzioni che hanno a cuore l’ambiente. Forse il segnale più eloquente lo ha dato la stessa conferenza di Durban: la prossima, a fine 2012, sarà in Qatar, il Paese che emette ogni anno milioni di tonnellate di CO2, tre volte quelle degli Stati Uniti e dieci volte la Cina. L’egoismo dell’uomo non ha davvero limiti.

    Intanto l’apocalisse può attendere, ma fino a quando? **