Scuola di educazione civica

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    Il servizio di leva con i suoi riti, alcuni belli, altri meno, conseguiva in realtà il prezioso risultato di proiettare tanti giovani fuori dalla bambagia, a confrontarsi con una realtà diversa e imparare che ognuno di noi ha diritti ma ha soprattutto doveri nei confronti degli altri e della società. E gli alpini sono forse la più bella espressione di questo esperimento perché, smesse le stellette, le loro armi sono diventate le pale e non più i fucili.

     

    È forse azzardato dire che gli alpini hanno portato un po’ di caserma a scuola, ma per due giorni l’Istituto Comprensivo “Gianni Rodari” di Faloppio si è trasformato in un bel laboratorio di educazione civica grazie all’iniziativa del preside Emanuele Clerici e alle penne nere della sezione di Como, guidata dal presidente Enrico Gaffuri.

    Settanta ragazzi di seconda media, zaino in spalla, hanno varcato i cancelli dell’istituto e invece di saltare sull’attenti al suono della campanella, hanno cantato con gli alpini l’Inno di Mameli e, naso all’insù, hanno seguito con lo sguardo il Tricolore, issato lentamente sul pennone. Poi tutti nell’aula magna della scuola per le presentazioni. Gli alpini hanno elencato gli appuntamenti della giornata e hanno spiegato il motivo dell’iniziativa che si inquadra nel programma “Corretti stili di vita” che le classi hanno seguito durante l’anno scolastico.

    Per i più giovani un aspetto delicato è quello della vita di gruppo e in particolare quello della condivisione in situazioni meno agevoli. Cellulare vietato per un giorno e mezzo, quindi (se non per una telefonata ai genitori, la sera) e tutti a dormire nelle tende, montate nel giardino della scuola dai volontari di Protezione Civile della Sezione. Come ha ricordato il prof. Clerici nel discorso di saluto, “l’allungamento dell’aspettativa di vita rende anche di fondamentale importanza sensibilizzare le nuove generazioni a un’educazione che permetta di arrivare in tarda età in uno stato psicofisico accettabile”. Oggi siamo bombardati da pubblicità che inneggiano spasmodicamente alla forma fisica “ma, in fondo – constata con amarezza – si va in palestra per non sudare e si è disimparato a sudare lavorando”.

    Gli studenti sono stati divisi in squadre – ognuna identificata da un colore – e la prima lezione degli alpini e stata quella di farli collaborare alla piantumazione di sei carpini nel giardino della scuola e a livellare, con la ghiaia, alcune buche nel terreno dell’adiacente parcheggio. Ed ecco rivelarsi, improvvise, le peculiarità di ciascuno. C’è la minuta Francesca che lavora alacremente per coprire le buche con la compagna Georgianna; c’è Beyza con la testa velata dallo hijab come da tradizione precedente ad Atatürk che, pala in mano, aiuta i compagni a spostare la ghiaia sulla carriola; c’è Roberta che gli alpini li conosce bene perché il nonno e lo zio calzano il cappello da sempre; c’è la dolcissima Marta che, seguita dalle docenti, dà una mano e canta “Sul cappello” con gli alpini durante la pausa. Tanti colori che, uniti, formano un bellissimo arcobaleno.

    L’attività all’aperto è stata inframmezzata dagli incontri di educazione civica, iniziati con la lezione del col. Mario Pietrangeli del Genio ferrovieri che ha commentato i principi fondamentali della nostra Carta, ponendo l’accento su alcuni dei valori racchiusi in parole come uguaglianza, diritti inviolabili dell’uomo, doveri di solidarietà. I cartelli e le immagini degli incidenti occorsi in zona hanno tenuto alta l’attenzione durante la lezione di educazione stradale di Matteo Gobbi, agente di Polizia locale, mentre l’alpino Marco Gesilao ha spiegato i compiti della Protezione Civile sul territorio.

    Un ottimo spunto di applicazione della lezione sui doveri nei confronti degli altri è capitato al termine del gustoso pranzo preparato dagli alpini. Sui tavoli, abbandonati per un momento di ricreazione, erano rimasti molti vassoi. Immediatamente gli alpini hanno invitato a squillo di tromba i ragazzi a sedersi nuovamente; chi aveva davanti i rifiuti avrebbe dovuto raccoglierli ed eliminarli. “Ma non sono miei!”, qualcuno ha obiettato. “Non importa – ha tuonato il presidente Gaffuri – in questo modo abbiamo imparato che le mancanze altrui possono ricadere su di noi”. L’esercizio è stato applicato anche ad altre occupazioni e a fine giornata ha dato i suoi frutti: a cena i tavoli erano puliti, gli spostamenti di gruppo ordinati e il terzo appello del giorno è stato affrontato con maggiore rapidità.

    La serata è stata scandita dalle storie de “Il cappello alpino racconta”, presentate da Gianluca Marchesi del Centro Studi ANA e dall’incontro con l’alpino comasco Paolo Conconi, astronomo di fama mondiale; in mancanza del cielo limpido ha proiettato sulla facciata della scuola, commentandole, le splendide immagini dell’universo. Scandendo ritmi di caserma, è stato suonato il “contrappello” e infine il “Silenzio” che nelle tende, complice l’entusiasmo di molti ragazzi per la novità, è stato raggiunto solo a metà nottata.

    Al mattino, immancabile, la “reazione fisica” con due giovani alpini che hanno fatto eseguire esercizi ginnici e la corsa lungo il perimetro del campo attendato… e sorpresa! Sul piazzale c’era un gruppo cinofilo della Protezione Civile con i volontari che hanno coinvolto i ragazzi – entusiasti – nell’esecuzione degli esercizi con i cani. Quindi l’ammainabandiera, accompagnato dalla la fanfara alpina di Olgiate Comasco, non prima di aver parlato ai ragazzi di chi sono gli alpini e di cosa si occupa l’Associazione. Ma, a quel punto, siamo certi, in molti lo avevano già capito.

    Un seme è stato posato nell’animo di questi ragazzi. Quando il tempo maturerà molti ricorderanno quest’esperienza con gli alpini. E scopriranno, tra i ricordi, il Tricolore e la Costituzione che le penne nere hanno donato loro. Sono doni fatti con spontaneità che parlano di Italia e di amore per il nostro Paese.

    Matteo Martin