Scritti con la divisa

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    In attesa di altre lettere riprendiamo la pubblicazione della corrispondenza dell’artigliere del Gruppo Pieve di Cadore. Sembra quasi un vero e proprio diario redatto a quattro mani dalla mamma e dal figlio che si scrivono anche due o tre volte alla settimana.

     

    …27 luglio 1959 – Carissimo figlio, (…) Ti ringrazio dei cari auguri che mi hai mandato per il mio compleanno, l’ho passato discretamente bene, intanto che si ha un po’ di salute, che si può stare fuori dal letto non c’è da lamentarsi e, vorrei dire, c’è da ringraziare il Signore che mi vuole anche troppo bene (…) Qui il tempo è discreto, siamo dietro a falciare il fieno (…).

    Strigno, 4 agosto 1959 – Cara mamma, (…) Rientrare in caserma, dopo due mesi vissuti sotto la tenda, sembra di rientrare in un albergo (…) Il 31 luglio – quando stavamo facendo i preparativi per le grandi manovre in cooperazioni con gli Alpini (svoltesi l’1 agosto) con l’intervento di tutta la Brigata “Cadore” a cui hanno assistito molti generali, tra cui il Generale di Stato Maggiore dell’Esercito Italiano Gen. Lucini (…) – sono andato su all’osservatorio e si è messo prima a piovere poi a nevicare fino a circa 1.800 m. di altezza, era diventato tutto bianco, fortuna che abbiamo trovato una baita aperta con dentro dei valligiani che erano su a fare il fieno (magher) che ci hanno acceso il fuoco e abbiamo potuto asciugare altrimenti dovevamo restare bagnati tutto il giorno (…) Ma ormai “l’è finida” anche per il campo estivo ’59, il più duro perché fatto da tubi (reclute). Non pensare a me che io ora mi trovo bene e spero di venire a casa a fare un giretto entro questo mese, prima di iniziare il corso di Specialista al Tiro che durerà tre mesi circa. (…)

    In quegli anni la vita della famiglia di questo artigliere alpino non era delle più facili. La mamma, vedova con cinque figli, aveva comperato la cascina dove abitavano in affitto. La disponibilità del proprietario l’aveva convinta: «Intendo venderla e desidero darla a voi. Per i soldi non preoccupatevi, quando li avrete me li darete». Chico era stato amico del defunto marito, compagno di miniera, giornate passate insieme sottoterra dove il sole era la fiamma della lampada ad acetilene e le stelle il luccichio dei cristalli della blenda e della galena, minerali che dovevano cavare. Ci fu subito l’accordo e il patto fu siglato con una stretta di mano. E così pian piano stavano pagando il debito.

    …15 agosto 1959 – Carissimo figlio, (…) scusami se ho ritardato due giorni a darti risposta per il motivo che ho aspettato queste feste che così ho più tempo a mia disposizione, che posso scrivere anche senza luce e ci vedo meglio. (…) Caro Luigi mi chiedi del debito che abbiamo col Chico (…) non c’è da farsi paura che il più grosso è passato, certo mi è toccato sgobbare e tenere fuori dalla bocca anche qualche boccone necessario, ma non importa. Voi l’avete fatto per me e io l’ho fatto per voi e siamo stati tutti d’accordo e io sono contenta che così avete un po’ di casa e col tempo, se ci dà un po’ di salute, la aggiusterete (…) Cosa ne dici te Luigi? (…)

    Intanto era giunto anche il periodo di una licenza di cinque giorni e appena rientrato a Strigno deve montare di guardia e coglie l’occasione, tra un turno e l’altro, per descrivere i cambiamenti degli armamenti del Gruppo.

    Strigno, 7 settembre 1959 – Carissima mamma, in un momento di riposo che concede il servizio di guardia, poiché oggi sono di guardia, rispondo alla tua (…). In caserma c’è un po’ di movimento, un po’ per nuove disposizioni dello Stato Maggiore dell’Esercito per cui chi monta di guardia deve avere la giberna con sei caricatori ciascuno (90 colpi), un po’ perché ormai stanno arrivando le reclute del III° 37 (…) Un’altra novità (…) cambieranno tutta la struttura tecnica del nostro Gruppo. Incominceranno (anzi uno è già arrivato) a cambiarci tutti i pezzi, sostituendo il 100/17 con l’obice da 105/14, un’arma moderna e più precisa. Pertanto per le nuove esigenze tecniche verranno aboliti i trattorini e ci daranno in dotazione delle “mate” (gip) in sostituzione di questi per il traino dei pezzi, inoltre daranno in dotazione anche a noi i muli. Dove non si va con le “mate”, si va con i muli che sono ancora i migliori mezzi di trasporto in montagna dove non giungono né strade né altre comodità. Più moderno il pezzo, antico il mezzo di trasporto ma sempre valido. Per fortuna le scuderie le fanno molto fuori dalla caserma, pertanto non sentiremo sempre quell’odore di “fratellanza”, simile a quello che mi è capitato di sentire qualche volta quest’estate quando ci levavamo gli scarponi e qualche spiritoso voleva tenere le finestre chiuse per paura di un colpo d’aria. Poi io personalmente non avrò niente a che fare con i muli poiché ho già la mia specializzazione (…). Tra i “tubi” che arriveranno su domani ci sono 25 conducenti muli, pertanto se la sbrigheranno loro. (…)

    La mamma continuava a comunicare le notizie della famiglia e la risposta del figlio era immediata, informandola delle manovre ma anche di aver potuto gustare il “cibo degli dei”, la polenta, cosiddetta dai bergamaschi.

    …15 settembre 1959 – Carissimo figlio (…) Anche la Cristina va rimettendosi e a incominciato a fare la mandriana dietro alla mucca e prende aria buona intanto che continua il bel tempo. E te Luigi come la passi con tutti questi cambiamenti in caserma e poi non sarà mica tanto allegra a montare di guardia specialmente di notte, saranno molto lunghe quelle ore (…).

    Strigno, 18 settembre 1959 – Carissima mamma, con molto piacere apprendo (…) che la Cristina si va rimettendo bene. Certo che fare la mandriana, come tu dici, non sarebbe proprio un mestiere da donna, ma purtroppo le condizioni della nostra famiglia per ora non permettono di meglio, dille di portare pazienza e di non vergognarsi mai, anche dei mestieri più umili, poiché non è il mestiere che classifica la persona ma il suo modo di agire e comportarsi in società (…) Qui in caserma la vita scorre normale, eccetto un allarme che c’è stato mercoledì u.s. per cui abbiamo dovuto metterci in assetto di guerra con zaino affardellato, tuta, elmetto, maschera e armamento individuale con 90 colpi ciascuno, e caricare sui camion tutto il materiale occorrente per un conflitto, dai viveri al vestiario e munizioni (…) Quindi è uscito tutto il Gruppo con camion e pezzi e siamo andati a schierarci in una località a 7 Km. da Strigno, a mezzogiorno siamo rientrati per cessato allarme. Un’altra novità è che ora, quando il Gruppo va in marcia (una volta per settimana, il giovedì), va fuori anche un certo numero degli Art. del R.C., a turni, per cui anch’io sono uscito due volte, una cosa che non mi dispiace affatto perché mi mantengo allenato, prendo un po’ d’aria buona, mi passa velocemente il tempo e mi viene più fame e si mangia anche qualche fetta di polenta, come abbiamo fatto giovedì della settimana scorsa. Siamo giunti fino al Rif. Carlettini in Val Campelle e abbiamo fatto fare alla signora una bella “polenta e formài de montagna e quach fiasch de ì”. Eravamo in 24, compreso il Tenente, che ci siamo stati a mangiare il cibo degli dei, la maggior parte era di noi bergamaschi, bresciani e valtellinesi. “La rassa la sbaglia mai” (…).

    a cura di Luigi Furia
    luifuria@gmail.com