Ritorno a casa

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    Sono trascorsi cinquant’anni dalla posa della prima pietra per la costruzione del Memoriale che ricorda i Caduti del battaglione Intra. Una struttura semplice, lineare senza ornamenti. Vinceranno i nomi incisi sulle targhe di bronzo, vincerà la frase riportata poco sopra “Noi siamo gli alpini morti per l’Italia”. E quella fila di nomi sono gli uomini del battaglione Intra che, un poco per volta, tornano a casa: gente di lago e di montagna reclutata nelle terre del Cusio, del Verbano e dell’Ossola e ancora nel luinese e nel varesotto. Sono gli alpini dalla nappina verde segno distintivo di un battaglione che annoverava gente esperta nell’arte dell’arrangiarsi, montanari, spesso contrabbandieri capaci di sconfinare al buio, con zaini che parevano zavorre, dal lago su verso la Svizzera e ritorno.

    Prestanza fisica e sangue freddo anche in guerra, nella prima, nella Campagna d’Africa e nella seconda sul fronte greco albanese. E oggi a distanza di oltre cento anni, c’è chi ancora non vuole dimenticare, ma anzi si impegna affinché questo ricordo fatto di volti bruciati dal sole, di veci richiamati, di giovani con baffetti d’ordinanza appena accennati, di testimonianze scritte e raccontate, sia concretamente riposto nelle mani dei giovani. Ecco la ragione del Memoriale, progettato dall’artigliere alpino del gruppo Bergamo, Nino Melloni, architetto e già Presidente della Sezione di Intra.

    C’era anche lui domenica 14 giugno a Cambiasca. L’alzabandiera davanti al monumento ai Caduti, durante un temporale di tuoni e acqua che ha costretto la cerimonia al chiuso, ospiti di don Giacomo e della sua chiesa. Pochi istanti per la benedizione del nuovo vessillo con la madrina, signora Rosa Borgna Rachelli, quindi la Messa. Monsignor Bruno Fasani ha ricordato nella sua omelia, come gli alpini abbiano il dovere di preservare la catena della tradizione, anche attraverso queste cerimonie che non hanno il sapore della nostalgia, ma al contrario sono pagine di cultura sociale, morale e cristiana. Al termine della Messa, gli interventi delle autorità.

    Nino Melloni ha condiviso i suoi ricordi, le ragioni che lo portarono a disegnare il progetto del Memoriale, a scarpinare sulle colline per cercare un terreno dove costruire. Poi Gian Piero Maggioni, Presidente della Sezione di Intra: «Noi non dimentichiamo, non vogliamo dimenticare chi ha dato la vita per l’Italia e che ora ha idealmente trovato casa lassù, a Pala». Ha chiuso il Consigliere nazionale Francesco Maregatti: «Ho imparato a conoscere il Memoriale perché vi accompagnavo i reduci. Ricordo che per loro non era solo un modo per ritrovarsi. Lassù volevano andarci ogni anno, ogni volta perché sentivano la presenza dei compagni Caduti».

    Fuori dalla chiesa, le note dell’inno del battaglione Intra eseguite dalla fanfara sezionale, mentre una piccola delegazione raggiungeva comunque la Colletta di Pala per lo scoprimento della targa con i nomi dei due veci Enrico Gazzoni, caduto nella Grande Guerra e Guglielmo Ravezzani, morto sul fronte greco albanese. L’attenti, la corona, il Silenzio. A salutare il ritorno a baita di Guglielmo c’era il vessillo della Sezione di Domodossola, sua città natale, con il Presidente Giovanni Grossi e alcuni alpini. Per Enrico, originario di Maccagno (Luino), c’erano il pronipote Fabrizio, alpino nel battaglione Susa, e la nipote Adele che ha voluto salutare suo nonno leggendo queste righe: «Oggi è giornata strana e densa di commozione per me e la mia famiglia. Devo ringraziare la Sezione Intra e in particolare il suo Presidente Maggioni per questo prezioso regalo.

    Nonno Enrico era partito da Intra nel 1915; purtroppo è stato uno dei tanti che non sono più tornati. Ora, dopo 100 anni, anche se riposa a Caporetto, è tornato da dove era partito insieme a tutti i suoi commilitoni. Adesso è di nuovo con loro. Grazie Intra!». Il Memoriale silenzioso, privo di ombre sopra a un groviglio di nubi, sembra fatto ieri. L’erba tagliata di fresco, i fiori e le stelle alpine appena piantate ne seguono il profilo, nulla è fuori posto. Dimostrazione del rispetto e dell’attenta riverenza degli alpini di Intra verso i loro veci partiti per il fronte e mai più tornati come Gazzoni che morì nei pressi di Tolmino, nel settembre 1915. E Ravezzani caduto in Jugoslavia nel 1941.

    Le loro tombe sono altrove, ma i loro nomi ora sono lì, tra le schiere del battaglione Intra. Nessuno ha voglia di parlare perché questo luogo rappresenta per ognuno qualcosa di diverso e allora poco importa se la pioggia ha sconvolto i piani, se le nebbie lasciano solo intravvedere, giù sotto, il lago, una macchia scura che prende la forma sinuosa del litorale, circondato da dolci montagne verdi, fitte d’alberi che salgono e si fanno tonde. I nomi sul Memoriale guardano ora alla terra della loro giovinezza. L’uno accanto all’altro come una famiglia.

    Mariolina Cattaneo