Riscoprire i valori

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    Molti vecchi alpini, con il loro esempio, ci hanno insegnato che la vita è il bene supremo, sempre e nonostante tutto. Dovremmo avere la pazienza di guardare con calma i disegni o gli affreschi di Novello oppure di leggere le poesie in vernacolo di Corrado Invernizzi o persino il libro di don Gnocchi “Cristo con gli alpini” per comprendere questa filosofia.

    L’esperienza vissuta da quegli uomini, così come quella di molti altri alpini non noti, conduceva a una considerazione finale sull’esistenza, semplice eppure verissima: la vita vale sempre la pena di viverla, anche quando le difficoltà sembrano insormontabili persino con l’immaginazione. E per farlo, bisogna imparare a non prendersi troppo sul serio.

    I valori che ci spingono ad appartenere all’ANA sono profondi e condivisibili anche da altri. Sono universali e presenti in ogni società e in ogni momento storico, dovrebbero quindi essere condivisi non in quanto soci dell’ANA, ma perché nostri. Occorre, tuttavia, viverli senza alcun esibizionismo.

    Lo dico da alpino, cresciuto in una famiglia alpina, dove chi si vantava di quanto era stato bravo a fare questo o quello veniva considerato, come minimo, uno sbruffone. Un esempio su tutti: ad una adunata alpina di Roma l’allora presidente nazionale Ugo Merlini, che io ebbi la fortuna di conoscere e frequentare, comparve durante l’Angelus alla finestra accanto a papa Paolo VI. Vi assicuro che mai, in privato e in pubblico, fece alcun riferimento a questa situazione. Altri tempi, altre persone.

    Eppure anche noi affermiamo ogni giorno di perseguire il valore della sobrietà e della lealtà, ma è davvero così? In un mondo che non affronta i problemi in modo serio, che mette in piazza senza pudore ogni cosa, che fa della propria ignoranza un tratto distintivo e la rende una nota di merito, ci troviamo sempre più invischiati in problematiche di tipo burocratico, perdendo di vista quasi completamente il dialogo personale preferendo quello via e-mail o attraverso social networks come Twitter, Facebook e via discorrendo. Eppure i regolamenti esistono, ma vengono presi sottogamba se non del tutto ignorati anche da parte di chi non può non sapere. Si dialoga poco o per nulla, non si discute ma si impongono decisioni già prese da uno o da pochi. E alla fine si litiga su tutto.

    I simboli diventano feticci, a volte osannati altre volte odiati o, peggio, irrisi. I veci sono esibiti come trofei, specie i reduci. Nei nostri discorsi facciamo riferimento a loro eppure, troppo spesso, ne ignoriamo gli insegnamenti. Insegnamenti che chiedono di guardarsi negli occhi e di affrontarsi, se del caso, persino di scontrarsi a patto che tutto finisca con una stretta di mano poiché la parola data è un tratto d’onore. E invece sento raccontare di cose strabilianti, almeno per me: di gente che si organizza prima di assumere un ruolo nella nostra Associazione con l’intenzione di proporre soci amici in posti ritenuti chiave.

    Allora mi domando dove stiamo andando? Che futuro ci attende se anche all’intero di un’Associazione come la nostra, che dovrebbe essere avulsa dalle logiche del potere, accadono così spesso queste brutture? Se vogliamo davvero che le cose migliorino, al nostro interno e nella società dobbiamo ripartire da noi, dalla nostra coscienza, dai nostri valori, perseguendoli con costanza e in silenzio. Dobbiamo ricominciare a dirci le cose a viso aperto e a chiudere in fretta e con intelligenza eventuali dissensi. Dobbiamo praticare l’allegria. Vi sembra troppo? Io dico di no. In gioco c’è il futuro della nostra Associazione che è una parte importante della società. Dobbiamo aver cura dell’ANA come della nostra famiglia.

    Luca Ripamonti – sezione di Lecco