Rintocchi di riconciliazione

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    I cento rintocchi di Maria Dolens dall’alto del Colle di Miravalle hanno risuonato eccezionalmente nella giornata d’apertura della 91ª Adunata, all’unisono con i cuori degli alpini che in silenzio, sull’attenti, raccolti attorno alla Campana della Pace, hanno ricordato le vittime di tutte le guerre. Una cerimonia interreligiosa in memoria di tutti i Caduti, senza distinzione di divisa e provenienza, che senz’altro – per il suo portato straordinario – verrà ricordata negli annali dell’Associazione Nazionale Alpini.

    Una cerimonia emozionante, di una potenza unica, cominciata con l’arrivo della fiaccola che i Giovani dell’Ana, saliti a piedi dal sacrario di Castel Dante, luogo dove riposano le spoglie di migliaia di Caduti d’ogni nazionalità e fede religiosa, hanno consegnato nelle mani del reduce della Campagna di Russia Guido Vettorazzo, alpino di 97 anni.

    Quattro mani in rappresentanza di due generazioni a stringere lo stesso messaggio inciso sul manico della fiaccola, tratto dalle parole di papa Wojtyla: «La pace non può regnare tra gli uomini se prima non regna nel cuore di ciascuno di loro». Hanno sospeso il respiro le 1.500 persone assiepate sulle gradinate davanti al passaggio di mano della fiamma da una giovane che non ha mai conosciuto la guerra al reduce trentino, che ha portato la fiaccola di pace, a passi lenti e fermi nel silenzio generale, fino ad accendere il braciere ai piedi di Maria Dolens. Gli hanno lasciato le mani. E lui si è messo dritto, ha alzato il braccio e ha fatto il saluto militare, guardando quel bronzo fuso con il metallo dei cannoni che presero parte al primo conflitto mondiale. Un groppo in gola. E un applauso, scrosciante.

    Dal fuoco del braciere, poi, i rappresentanti di tre chiese – il pastore della chiesa luterana di Bolzano Micael Jaeger, il responsabile della comunità ortodossa di Trento Joan Catalin Lupasteanu e l’arcivescovo metropolita di Trento Lauro Tisi – hanno onorato la cerimonia accompagnando il pubblico nella preghiera ecumenica, a monito degli uomini perché sappiano lavorare per la pace. «La pace, prima di essere frutto di accordi e diplomazie, affonda le sue radici in uomini e donne che rinunciano a vivere attorno a se stessi e, uscendo da se stessi, si fanno regalo e dono per gli altri, soprattutto per chi è più povero, solo ed emarginato.

    È bello riconoscere che gli alpini hanno definito la loro identità nel volto dell’altro – ha detto monsignor Tisi – nei tanti volti che nella calamità trovano gli alpini al loro fianco». A rendere ancora più solenne il momento le voci del coro sardo Nugoro Amada e le note della fanfara alpina di Lizzana. Il Silenzio è stato invece suonato con uno strumento quanto mai singolare: la cornetta con cui, nel 1918, un drappello di soldati austriaci suonò chiedendo la sospensione del combattimento per avviare le trattative di pace.

    “Mi sono commosso mentre guardavo Maria Dolens. Nessuno più di chi è in trincea, vuole la pace”, ha detto il reduce Guido Vettorazzo. E pace è stata la parola pronunciata più volte nel corso della cerimonia. Una 91ª Adunata degli Alpini che, a cent’anni dalla fine del primo conflitto mondiale, si è svolta all’insegna della memoria di tutti i caduti e della riconciliazione, ribadendo ancora una volta la fede degli alpini – e assieme ad essi di tutte le altre istituzioni coinvolte – nella pace e nella solidarietà.

    Tommaso Gasperotti