Resterà indimenticabile

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    Comincia il regno del granito, spoglio e irregolare. L’aria è più leggera e nei pressi del Lago d’Avio, la sagoma della chiesetta e del rifugio Garibaldi sono miniature al cospetto dello Spigolo dei Bergamaschi che taglia come una lama affilata la Nord dell’Adamello. Qui tutto è storia. 

     

    Ruderi di baraccamenti poggiano stanchi sulle pietraie granitiche: un secolo fa in questa conca tra la Cima Garibaldi e la Punta Venerocolo e più in là il Passo Brizio, al riparo dal tiro nemico, sorgeva un villaggio con l’infermeria del dottor Carcano e una chiesetta dalle linee pulite ed essenziali conservata ancora oggi. Ogni angolo di montagna è una traccia di storia, cime generose di ricordi ci raccontano imprese alpinistiche, mesi infiniti trascorsi lungo linee cariche di neve, giacigli improvvisati, ghiacciati, sforzi impossibili per tenere le posizioni conquistate.

    È un teatro l’Adamello, non solo una vetta. Uno scenario che abbraccia quote sopra i tremila protagoniste della Guerra Bianca. È un elemento fondativo per l’Associazione Nazionale Alpini. Quassù gli alpini salirono per la prima volta nel 1924 per il 5º Convegno Nazionale che noi oggi chiamiamo Adunata, camminarono affrontando diversi percorsi, con la stessa formula del pellegrinaggio in Adamello organizzato quest’anno dalla Sezione Vallecamonica. Erano uomini che portavano dentro l’animo tutto il fiele di una guerra durissima, uomini decisi a condividerne il ricordo sgravandolo da inutili retoriche di circostanza, conservandone invece quell’essenza che oggi continua ad essere la sola protagonista.

    Le colonne, tre dal versante camuno e quattro dal versante trentino, si sono incontrate al Passo di Lagoscuro per la Messa in quota, celebrata dal cardinale Re. Più suggestivi i due itinerari attraverso il ghiacciaio, ormai grigio, vecchio, consumato dal caldo che ogni giorno ne divora un po’. Ecco allora che riaffiora una realtà sommersa: bottoni, colpi, caricatori, brandelli di suole chiodate. Pattini di slitte, matasse di filo spinato perfettamente avvolte, pronte da distendere.

    La colonna dei pellegrini si disfa e si allarga sulla schiena del Pian di Neve, ognuno segue se stesso, il capo chino rincorre lo sguardo e si ferma su un chiodo battuto a mano, sulla mascella scarna di un mulo, su un paio di forbici. È l’incontro con l’altrove letto e riletto sulle pagine dei diari, sui libri straordinari di Luciano Viazzi e Vittorio Martinelli. Un salto nel tempo. Un viaggio che ha come traguardo per tutti il Passo di Lagoscuro. Per chi è salito in giornata, per chi ha dormito nei rifugi e ha condiviso le stesse emozioni, per coloro che sono arrivati in elicottero. Una macchia colorata si è stretta intorno all’altare allestito su cumuli di roccia più vicini al cielo che alla terra. «Sono certo che vedendo i pellegrini in cammino, vedendo noi tutti qui raccolti in silenzio, abbracciati dalle nostre montagne, Giorgio Gaioni, ideatore del Pellegrinaggio assieme a Luciano Viazzi, all’adamellino Sperandio Zani e ad altri alpini camuni, sarebbe felice.

    In modo sobrio, com’era nel suo stile, ma felice» ha ricordato così il Presidente della Sezione Vallecamonica, Mario Sala, la figura dell’alpino Giorgio Gaioni al quale era dedicato questo Pellegrinaggio. «Parte tutto dal ricordo per i nostri Caduti e si trasforma nella solidarietà, nello slancio verso gli altri, nella voglia di stare insieme» ha scandito con decisione il Presidente Favero alle duemila persone raccolte in silenzio su quel valico che frappone l’enorme ampiezza delle montagne al precipitare della valle, tremila metri più in basso, sopra le case di Ponte di Legno.

    In questo villaggio distrutto dalla guerra cento anni fa, l’indomani, sono state la sfilata e la Messa officiata dal vescovo di Brescia monsignor Monari, in diretta nazionale su Rai Uno e per la prima volta anche la Preghiera dell’Alpino, letta dal Presidente Favero. Ultimo atto, l’eccezionale carosello della Fanfara Alpina Tridentina in congedo diretta dal primo maresciallo Tempesta, nomen omen. È finito tutto così. Complicato ritornare alla vita di sempre dopo aver vissuto in un piccolo mondo, tanto più giusto. Un mondo che rivela le debolezze e le emozioni di ognuno, così potente da lasciarti addosso un pezzo di chi ha camminato insieme a te, nel silenzio denso della montagna.

    Mariolina Cattaneo
    lalpino@ana.it

     

    GIORGIO GAIONI

    Nacque ad Angolo Terme (Brescia), il 4 ottobre 1926. Dopo aver conseguito il diploma magistrale ed aver insegnato presso la Scuola elementare di Angolo, si laurea in lingue e Letterature straniere presso l’università Bocconi di Milano. Nel 1952/1953 è sotto naja. Destinato a Lecce in fanteria, fece di tutto per essere assegnato agli alpini e ci riuscì dopo quasi un anno dalla chiamata alle armi. Venne congedato sottotenente del btg. Edolo. Un uomo silenzioso e forte. Fu lui insieme all’alpino Luciano Viazzi e all’adamellino Sperandio Zani, a dar vita al Pellegrinaggio in Adamello. Per ricordare chi combatté e rimase per sempre nel silenzio delle nevi e dei ghiacci.

    Resterà indimenticabile
    Comincia il regno del granito,spoglio e irregolare. L’aria è piùleggera e nei pressi del Lago d’Avio,la sagoma della chiesetta e del rifugioGaribaldi sono miniature al cospettodello Spigolo dei Bergamaschi chetaglia come una lama affilata la Norddell’Adamello. Qui tutto è storia. Ruderidi baraccamenti poggiano stanchisulle pietraie granitiche: un secolo fa inquesta conca tra la Cima Garibaldi e laPunta Venerocolo e più in là il PassoBrizio, al riparo dal tiro nemico, sorgevaun villaggio con l’infermeria deldottor Carcano e una chiesetta dallelinee pulite ed essenziali conservataancora oggi. Ogni angolo di montagnaè una traccia di storia, cime generose diricordi ci raccontano imprese alpinistiche,mesi infiniti trascorsi lungo lineecariche di neve, giacigli improvvisati,ghiacciati, sforzi impossibili per tenerele posizioni conquistate. È un teatrol’Adamello, non solo una vetta. Unoscenario che abbraccia quote sopra itremila protagoniste della Guerra Bianca.È un elemento fondativo per l’AssociazioneNazionale Alpini. Quassù glialpini salirono per la prima volta nel1924 per il 5º Convegno Nazionale chenoi oggi chiamiamo Adunata, camminaronoaffrontando diversi percorsi,con la stessa formula del pellegrinaggioin Adamello organizzato quest’annodalla Sezione Vallecamonica. Eranouomini che portavano dentro l’animotutto il fiele di una guerra durissima,uomini decisi a condividerne il ricordosgravandolo da inutili retoriche dicircostanza, conservandone invecequell’essenza che oggi continua ad esserela sola protagonista. Le colonne,tre dal versante camuno e quattro dalversante trentino, si sono incontrateal Passo di Lagoscuro per la Messa inquota, celebrata dal cardinale Re. Piùsuggestivi i due itinerari attraverso ilghiacciaio, ormai grigio, vecchio, consumatodal caldo che ogni giorno nedivora un po’. Ecco allora che riaffiorauna realtà sommersa: bottoni, colpi,caricatori, brandelli di suole chiodate.Pattini di slitte, matasse di filo spinatoperfettamente avvolte, pronte da distendere.La colonna dei pellegrini sidisfa e si allarga sulla schiena del Piandi Neve, ognuno segue se stesso, il capochino rincorre lo sguardo e si ferma suun chiodo battuto a mano, sulla mascellascarna di un mulo, su un paio diforbici. È l’incontro con l’altrove lettoe riletto sulle pagine dei diari, sui libristraordinari di Luciano Viazzi e VittorioMartinelli. Un salto nel tempo. Unviaggio che ha come traguardo per tuttiil Passo di Lagoscuro. Per chi è salitoin giornata, per chi ha dormito nei rifugie ha condiviso le stesse emozioni,per coloro che sono arrivati in elicottero.Una macchia colorata si è strettaintorno all’altare allestito su cumuli diroccia più vicini al cielo che alla terra.«Sono certo che vedendo i pellegriniin cammino, vedendo noi tutti quiraccolti in silenzio, abbracciati dallenostre montagne, Giorgio Gaioni, ideatoredel Pellegrinaggio assieme a LucianoViazzi, all’adamellino SperandioZani e ad altri alpini camuni, sarebbefelice. In modo sobrio, com’era nel suostile, ma felice» ha ricordato così il Presidentedella Sezione Vallecamonica,Mario Sala, la figura dell’alpino GiorgioGaioni al quale era dedicato questoPellegrinaggio.«Parte tutto dal ricordo per i nostriCaduti e si trasforma nella solidarietà,nello slancio verso gli altri, nella vogliadi stare insieme» ha scandito con decisioneil Presidente Favero alle duemilapersone raccolte in silenzio su quelvalico che frappone l’enorme ampiezzadelle montagne al precipitare della valle,tremila metri più in basso, sopra lecase di Ponte di Legno. In questo villaggiodistrutto dalla guerra cento annifa, l’indomani, sono state la sfilata e laMessa officiata dal vescovo di Bresciamonsignor Monari, in diretta nazionalesu Rai Uno e per la prima volta anchela Preghiera dell’Alpino, letta dal PresidenteFavero. Ultimo atto, l’eccezionalecarosello della Fanfara Alpina Tridentinain congedo diretta dal primomaresciallo Tempesta, nomen omen.È finito tutto così. Complicato ritornarealla vita di sempre dopo aver vissutoin un piccolo mondo, tanto piùgiusto. Un mondo che rivela le debolezzee le emozioni di ognuno, cosìpotente da lasciarti addosso un pezzodi chi ha camminato insieme a te, nelsilenzio denso della montagna.
    Mariolina Cattaneolalpino@ana.it
    GIORGIO GAIONINacque ad Angolo Terme (Brescia), il4 ottobre 1926. Dopo aver conseguitoil diploma magistrale ed aver insegnatopresso la Scuola elementare di Angolo,si laurea in lingue e Letterature stranierepresso l’università Bocconi di Milano.Nel 1952/1953 è sotto naja. Destinato aLecce in fanteria, fece di tutto per essereassegnato agli alpini e ci riuscì dopoquasi un anno dalla chiamata alle armi.Venne congedato sottotenente del btg.Edolo. Un uomo silenzioso e forte. Fu luiinsieme all’alpino Luciano Viazzi e all’adamellinoSperandio Zani, a dar vita alPellegrinaggio in Adamello. Per ricordarechi combatté e rimase per semprenel silenzio delle nevi e dei ghiacci.