Quelle lacrime di pioggia

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    Di Cesare Di Dato

    Sono le lacrime di commozione degli alpini caduti sull’Ortigara, per essere stati ricordati da voi con questa magnifica sfilata . Così si è espresso il sindaco di Asiago, Andrea Gios, nel saluto di chiusura, domenica 14 maggio, riprendendo le parole dell’assessore regionale Elena Donazzan, riferite alla pioggia che, inizialmente sottile, dopo mezzogiorno è divenuta torrenziale per poi arrendersi a un tiepido sole a fine manifestazione. Ma gli alpini non hanno paura e lo hanno dimostrato proprio in quest’occasione: durante l’uragano (non esagero) abbattutosi sulle sezioni venete, non uno degli alpini in rango ha fatto una piega né ha pensato di aprire l’ombrello continuando a marciare come se nulla fosse.

    Non uno, nemmeno i componenti delle bande non alpine dove persino le ragazze, numerose, sono rimaste impassibili sotto l’acqua. Non uno, nemmeno i più anziani che per età avrebbero avuto la nostra comprensione. Mi ha colpito un blocco di Trento fermo a pochi metri dalle tribune per una sosta di assestamento: immobili, quasi tutti sugli attenti, gli alpini hanno preso il torrente che si riversava su di loro.

    Si, gentile Elena, anche questo è stato il tributo di noi vivi ai morti dell’Ortigara e a tutti gli alpini Caduti in guerra, fino agli ultimi due, assassinati da mano criminale in Afghanistan pochi giorni fa, sempre ricordati in tutte le fasi della nostra annuale manifestazione. Anche durante la sfilata, quando, per volere del Presidente Perona, fanfare e bande, sfilando davanti alle tribune, hanno smesso di suonare gli inni sostituendoli con il rullo dei tamburi: un intenso segnale di lutto per la giovane vita dei due alpini Caduti per la pace. Ma un altro segnale è giunto da questa adunata un poco atipica: forse il segnale più forte.

    La salita, a piedi, alla Colonna Mozza, sabato 13, di qualche centinaio di alpini con i vessilli di 53 sezioni, presidente Perona in testa, per rendere omaggio ai 23.000 Caduti italiani dell’Ortigara senza dimenticare i 10.000 austro ungarici. Si è ripetuto l’evento della prima adunata dell’ANA con Perona al posto di Andreoletti e don Rino della sezione di Verona al posto di mons. Bevilacqua. Ne parliamo in altra parte della rivista, ma non posso esimermi dal citare anche qui un evento epocale: mai, a mia memoria, una Bandiera di guerra si era dispiegata quassù nel ricordo di quegli eroi.

    Emozionante lo scoprimento del simbolo dell’ANA, in bronzo, nel Sacrario di Asiago a ricordo imperituro del nostro passaggio. Al termine scorro i nomi dei Caduti che ricoprono le pareti del Tempio: chi saranno stati il soldato Giovanni Bortoli, il soldato Giuseppe Tarmen, il soldato… Cosimo?Quali le loro storie?I loro sentimenti, i loro desideri, i loro problemi, il loro mondo?E come avranno concluso la loro vita terrena in questa zona alpina, oggi oasi di pace?Non lo sapremo mai, ma me li immagino quei soldati, alcuni ancora ragazzini cui fu negata carezza di donna come ci dice Anacreonte (la citazione è di Antonio Raucci, direttore de Lo scarpone canavesano ), spediti nella fornace e forse stroncati solo poche ore dopo senza neppure rendersi conto di quanto accadeva intorno a loro.

    Il Sacrario: si erge su un dosso al termine del Viale degli Eroi che risale la china in dolce pendenza. Felice la posizione, più felice l’idea degli organizzatori di far percorrere ai partecipanti alla sfilata il viale della Vittoria di cui quello degli Eroi è la continuazione. Sboccando da via Matteotti e fino alla curva di via Battaglione Sette Comuni, gli alpini hanno avuto davanti agli occhi quel possente monumento dal quale, ne siamo certi, i Caduti osservavano in ispirito la grande sfilata loro dedicata. Retorica?Certamente, e tanta: ma spero che il lettore mi vorrà concedere, almeno per una volta, che il cuore abbia la meglio sulla ragione.