Quale futuro?

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    I reparti alpini impegnati sui vari fronti si sono comportati sempre con onore, hanno difeso posizioni strategiche dando esempi di coraggio e patriottismo, hanno ceduto solo quando ogni sforzo era divenuto inutile. I reparti decimati sul campo erano in ritirata. In Russia la caccia al nemico in fuga ci ha dato quella pagina gloriosa ma dolorosa da ricordare e trasmettere alle generazioni future poco attente ai sacrifici dei loro padri.

    Dalla Grecia i fatti raccontano una storia ancora più grave, l’affondamento del Galilea è stata una brutale azione di vendetta verso reparti sulla strada del rientro in Patria. Questi due fatti dolorosi non ci lasciano serenità nei comportamenti futuri dell’umanità. Forse finiranno, Dio ci aiuti, le battaglie sui campi, ma le guerre continuano sui tavoli politici ed economici, dove senza risparmio di scorrettezze e vendette, si affrontano guerriglie che una globalizzazione poco attenta alle esigenze dell’umanità dividerà ancora i popoli. Fatte queste considerazione le chiedo: sarà ancora un “nemico” vincitore sui mercati internazionali a vendicarsi? Dovremo ancora assistere a rincorse vendicative o affondamenti di piroscafi? L’esempio tragico degli alpini mi suggerisce attenzione alle vendette che potrebbero affrontare sulla strada le future generazioni. Cosa ci può suggerire la sua profonda esperienza umanitaria su questo tema?

    Pietro Simeoni Gruppo Ospedaletto, Sezione Gemona

    Le guerre partono sempre da lontano, quasi sempre da fattori culturali più che economici. Chi studia la storia sa che è così. E le guerre, come tutte le inimicizie, crescono senza far rumore, lambendo le coscienze e le menti, fino a convincerle che è bene farle. Che è bene diventare uomini contro. Che l’altro è qualcuno da cui difendersi. Ecco perché bisogna esagerare nel difendersi contro quello che talvolta può sembrare buonsenso, ma che è solo foraggio per un futuro senza armonia.