Parma: una citt dal grande cuore

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    di Giangaspare Basile

    Faceva male al cuore, venerdì pomeriggio, leggere l’avviso bene in vista in qualche negozio, nella vetrina protetta dalla grata di ferro abbassata: Si riapre martedì . Qualche negoziante, e probabilmente anche qualche parmense, avevano deciso di trascorrere altrove il fine settimana, mal sopportando l’idea di una città invasa da chiassosi buontemponi e nottambuli che sarebbero venuti a calpestare l’erba del parco e a gettare cartacce in centro, nel salotto buono della città. Ma per fortuna non sono stati questi, gli alpini, e non è stata questa l’accoglienza che Parma ha riservato loro.

    Quando, martedì 10, sono iniziati i lavori di bonifica dall’edera e dagli infestanti alla porta d’ingresso, sulle mura e sul terrapieno della Cittadella la gente ha capito che gli alpini sono speciali. In tanti sono rimasti con il naso all’insù a guardare i rocciatori appesi alle corde doppie riportare a nudo le pietre, e gli altri volontari lavorare di trincetto, togliere erbacce, estirpare radici, recuperare i nidi degli uccelli per depositarli sugli alberi, ridare alla città uno dei suoi volti più caratteristici. Chi era tiepido è diventato prima curioso, poi interessato, infine riconoscente. Alla fine dell’adunata, se gli alpini hanno ringraziato, Parma a sua volta ha detto Grazie, alpini. Tornate .

    E il lunedì, riprendendo il suo ritmo, la città si è accorta che qualcosa di magico era successo: come nelle fiabe, al risveglio, si intravedono ancora i luccichii, polvere di stelle sospese nell’aria, fosfeni della nostra fantasia, così le bandiere che nessuno aveva ancora rimosso continuavano una bella storia ormai solo da ricordare. Parma è stata splendida, l’adunata degli alpini è stata splendida, perfino nell’eco riportata da giornali, televisioni locali e reti nazionali, prima fra tutte Raitre, che ha effettuato una diretta di quasi due ore, con interviste, servizi, riprese della sfilata, un’eco raccolta anche dalle altre due reti, fino alle ultime edizioni dei tg.

    La carta stampata non è stata da meno. La Gazzetta di Parma , storico giornale dalla grande tradizione, ha scritto pagine e pagine dedicando all’adunata anche un’edizione speciale e un libro; un’edizione speciale è stata fatta anche dal Resto del Carlino edizione bolognese di QN, quotidiano nazionale che comprende anche Il Giorno e La Nazione.

    Parma non aveva mai ospitato un’adunata di penne nere. Pur essendo una città dalla grandi e nobili tradizioni alpine era rimasta sempre ai margini del circuito alpino. Eppure i suoi sono alpini di razza: basta girare per i gruppi esperimento che va esteso e consigliato a chi voglia recuperare genuinità per riconoscere nei loro alpini schietti e forti i segni d’una alpinità profonda. Sarà per questo che le centinaia di migliaia di penne nere confluite a Parma hanno trovato aria di casa; sarà per questo che i parmensi le hanno accolte con grande simpatia.

    Hanno risvegliato valori che sono parte della tradizione della città, che ci riportano al Risorgimento, ai giorni esaltanti in cui il Và pensiero era qualcosa di più d’una struggente aria verdiana. Ed ecco la gente assieparsi ai lati delle strade al passaggio della bandiera di guerra, infervorarsi per gli alpini che la scortavano come se fossero figli o fratelli giunti finalmente a casa. Ecco il sindaco Ubaldi pronunciare alte parole, venute dal cuore di chi è cresciuto con l’alpinità in casa; e il presidente della Provincia Bernazzoli affermare che gli alpini hanno fatto bene alla città, alla Provincia; hanno dato un’immagine di unità, di fedeltà, di valori morali e civili . E gli alpini hanno ricambiato.

    Hanno portato corone ai monumenti più significativi della città, ai Caduti che sono parte della stessa storia d’Italia: dal capitano degli alpini Pietro Cella, medaglia d’Oro in Etiopia nel 1896 ad Eugenio Banzola, alpino del Gemona , caduto nella lotta partigiana nel marzo del ’45. Venerdì e sabato sono stati i giorni dell’incontro, della festa e della gioia. Soprattutto sabato, la cui serata sembrava non voler finire mai. Ma il grande spettacolo è stato domenica. In tribuna d’onore, con il presidente nazionale Corrado Perona, c’erano il ministro della Difesa Martino, dei rapporti con il Parlamento Giovanardi, delle Infrastrutture Lunardi, il capo di Stato Maggiore della Difesa ammiraglio Di Paola, dell’Esercito gen. Fraticelli, della Marina ammiraglio Biraghi, il comandante delle Truppe alpine gen. Iob, il prefetto Licciardello, il sindaco Ubaldi, il presidente della Provincia Bernazzoli, della Regione Errani, tantissime altre autorità.

    La sfilata è stata aperta dalla Bandiera di guerra del 3 reggimento Alpini preceduta dalla fanfara della Taurinense e scortata da due compagnie in armi accolte con trascinanti applausi dalle migliaia di persone assiepate ai lati delle strade, alle finestre, alle terrazze. Poi il gruppo ufficiali, i gonfaloni della città di Parma, della Provincia, della Regione e di tantissimi Comuni. E il Labaro e i reduci e i responsabili del coordinamento della nostra Protezione civile e una rappresentanza dell’ospedale da campo e poi via via dagli alpini di Pola, Fiume e Zara al cui passaggio viene una stretta al cuore. E gli alpini delle sezioni all’estero i più meritevoli di esserci, per i quali l’adunata è anche l’occasione di ritornare nella Patria mai dimenticata da quelli dei Paesi più lontani a quelli di Francia e Svizzera.

    E una marea di tute arancione, gialle e verdi, i vari raggruppamenti della nostra preziosa Protezione civile e lo scorrere delle sezioni con meravigliosi colpi d’occhio e armonie di colori dalla Sicilia all’Alto Adige, da Aosta a Trieste, a Genova, sezioni sempre più vicine come Reggio Emilia, Cremona, Piacenza e infine Parma, che è stata per tradizione della città che ha organizzato la sfilata l’ultima. In testa i suoi reduci, un’icona della storia delle penne nere parmensi e dello stesso Corpo degli alpini, poi il Vessillo dalle sei Medaglie d Oro scortato dal presidente Maurizio Astorri con accanto il vescovo alpino, monsignor Bonicelli che, all’omelia in cattedrale, aveva esordito dicendo agli alpini: Io sono uno di voi , strappando un lunghissimo applauso.

    Passando davanti alla tribuna d’onore, incerto se salutare da alpino o benedire da vescovo, sventolava le mani alla folla che lo acclamava. È finita in un mare di applausi. Con una coda, che sapeva di malinconia come l’ultimo giro di valzer, l’ultimo bacio. Il Labaro scortato dal presidente Perona con il Consiglio direttivo nazionale, dal generale Iob e da Giovanardi, ministro amico affezionato, ha raggiunto piazza Garibaldi per la cerimonia solenne dell’ammainabandiera. È stato l’ultimo atto ufficiale, al quale è stato bello vedere tanti, tantissimi giovani.

    Con il Tricolore che scendeva lentamente al suono dell’inno di Mameli cantato da tutta la piazza è calato anche il sipario sull’adunata in una città che aveva dimostrato di avere un grande cuore. Il giorno dopo, lunedì, Parma era ritornata quella di sempre, con i suoi autobus, la ripresa del traffico, la gente che andava al lavoro, un’atmosfera che sapeva di nuovo e d’antico. Di tanto in tanto ci si imbatteva in un gruppetti di alpini: sembravano uccelli migratori che s’attardavano nello stagno, aspettando il buon vento per spiccare il lungo volo.