Papà Perrucchetti

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    Quando posso seguo il coro Montenero della mia Sezione, e nell’ultima trasferta fatta a Romano di Lombardia ho conosciuto una ragazza che si è laureata in filosofia, discutendo la sua tesi sul generale Perrucchetti. Il giorno successivo ci siamo nuovamente incontrati e mi ha regalato la sua tesi di laurea con allegato un foglio scritto la sera stessa dopo il concerto.

    Il sentimento espresso nei confronti degli alpini non posso tenerlo solo per me: ecco la sua lettera.

    Bruno Pavese – presidente sezione Alessandria

    “Perché parlare di Perrucchetti? Perché credo che mai come in questi anni di incertezza e di sbandamento sociale, di pessimismo ed egoismo, si abbia la necessità di avere dei punti fermi. Si ha bisogno di sapere che ci sono persone che da sempre lavorano per il bene degli altri, in allegria, con il sorriso gentile, senza risparmiare fatica e lavoro. Quel che ho imparato da bambina, ascoltando in casa i racconti e le avventure di un papà alpino, è che queste persone sono gli alpini. Gli alpini sì, al plurale, perché questo nome ha senso solo così, l’alpino, da solo, proprio non si può sentire. Anche in casa mia, dove il cappello con la penna ha sempre avuto un posto di rilievo, in realtà i cappelli sono due. Questo perché gli alpini esprimono il loro essere solo in gruppo, sono un Corpo che lavora sodo e si diverte, solo quando è in compagnia. Quando gli alpini, senza pensarci troppo, lasciano il lavoro per aiutare chi è in difficoltà, lo fanno in gruppo. Quando gli alpini partono macinando chilometri e si organizzano, per vivere un momento irrinunciabile, come il raduno nazionale, lo fanno per stare insieme. Questi sono gli alpini così come papà Perrucchetti, come lo chiamano gli alpini di Cassano d’Adda, li aveva ideati e voluti. Lui da subito aveva compreso che l’unicità di questo Corpo, sarebbe stata la coesione. Di Corpi militari ce n’erano già, perché crearne uno nuovo? Cosa avrebbero dato in più all’Italia gli alpini? Il cuore, perché loro nascono per difendere gli aspri territori di montagna, luoghi che però amano e conoscono come nessun altro, perché in quei posti ci sono nati e cresciuti. Montagne che, troppo spesso ho sentito dire, non perdonano chi non le rispetta, ma che regalano vita ed emozioni, che solo chi le vive può cogliere. Da allora, questo spirito non si è mai spento ma, anzi, si è spinto in terre lontane, per arrivare ovunque ci fosse bisogno di un aiuto, di un canto, di un viso sorridente arrossato dal freddo, ma anche dell’immancabile gioviale bicchiere di vino. Oggi forse non abbiamo più la necessità di difendere le nostre montagne, ma abbiamo ancora tanto bisogno degli alpini, loro, che esistono solo se li chiamiamo usando il plurale. Un’aquila, con un’ala sola, non può volare e le penne degli alpini volano solo se si muovono tutte insieme.”

    Laura Gandelli

    Grazie, caro Bruno, per questa bella segnalazione. Vorrei chiedere a Laura, alla quale va tutta la nostra ammirazione e i nostri complimenti, se mai fosse possibile avere una copia della sua tesi. Da tenere qui nel nostro Centro Studi, tra le opere da consegnare alla memoria di chi guarda al passato, camminando avanti.