Operare per il mondo

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    Buongiorno, sono il maresciallo Ceratto e vorrei fare alcune precisazioni in merito alla lettera del signor Edoardo Pezzutti sul nostro giornale di novembre. Anzitutto ringrazio il direttore per la spiegazione del significato dei nastrini, che pone nella giusta ottica il valore di tali riconoscimenti. Ma vorrei far presente al signor Pezzutti una situazione comune a tutti i militari che partecipano alle missioni all’estero. 

     

    Lui dice che siamo ben pagati, ma gli ricordo che nelle missioni all’estero sono caduti oltre 150 militari. Poco prima della partenza per la mia prima missione a Sarajevo (inverno 1997/1998) in cui, per inciso, ho fatto una guardia a -27º, ho fatto una chiacchierata con un “vecio” del mio paese, a cui spiegavo i miei timori. Lui, con tutta la tranquillità del mondo, mi rispose: «Sarajevo? Ci sono stato nel ’43…». Mi si gelò il sangue. Onore quindi ai nostri Caduti e Reduci, ma non sottovalutiamo le fatiche attuali di una missione, tra cui anche la lontananza dai nostri cari per mesi, che spesso sono più preoccupati di noi stessi per le nostre sorti.

    maresciallo capo Silvano Ceratto, per 16 anni al 24º reggimento di manovra alpino e da 7 anni al 1º reggimento Artiglieria da montagna

    Non possiamo considerare le missioni all’estero alla stessa stregua di un servizio in territorio di pace. C’è il rischio della vita, che non è solo una ipotesi, come ci racconta il numero dei Caduti. Soprattutto dovremmo considerare il valore del loro servizio finalizzato a instaurare clima di democrazia e di pace in territori segnati dal terrorismo. Ai tempi della globalizzazione, garantire la pace dove c’è la guerra significa mettere in sicurezza il resto del mondo. E di questo tutti noi dovremmo essere riconoscenti.