Non generalizziamo

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    Ho letto la lettera di Luigi Di Meglio su L’Alpino di agosto-settembre e non ho saputo tacermi. Il ragionamento che lui fa è coerente per chi, nella vita, ha cercato il posto sicuro (ed essere dipendente statale ne è la massima espressione), ma lontano da chi è alpino. Sono un Capogruppo Ana della Sezione di Colico (sergente del Susa), figlio di un reduce di Russia del Morbegno; ho vissuto lavorando, per 40 anni, nei cantieri di mezzo mondo e credo che sei mesi di servizio per la Patria, chiamatelo militare o civile, equivarrebbero, per me, ad una “vaccinazione contro l’apatia” dei giovani odierni. 

     

    Definire “giovani fancazzisti” coloro che fecero il servizio militare (questo è scritto) significa non avere capito nulla di chi è un alpino! Se Di Meglio ha passato 4 anni con la penna nera, vuol dire che lo ha fatto solo per il suo tornaconto (avere uno stipendio ogni mese) e, mi spiace dirlo, quattro anni “alpini” su di lui non hanno lasciato traccia alpina. Ora è nella Polizia e gli auguro buon lavoro, ma per favore tralasci di esprimere giudizi sugli alpini. Secondo il suo ragionamento, tutti i giovani dovrebbero diventare poliziotti (che, preciso, non sono militari), per essere “militari veri”: che contraddizione! Vi ricordate cosa fecero i militari (non solo gli alpini) di leva dopo il terremoto del Friuli? Se sì, paragonatelo a cosa è successo dopo quello dello scorso anno “con l’esercito dei professionisti”.

    Mario Nonini, Sezione di Colico

    Caro Mario, non cadiamo anche noi nell’errore che vogliamo contestare agli altri. Nella Polizia c’è gente straordinaria, così come nell’Esercito dei professionisti, alla quale va tutta la nostra gratitudine e riconoscenza. Certamente anche tra loro c’è qualche fancazzista. Ma non bisogna generalizzare, perché su questo hai ragione tu ad indignarti quando si vorrebbe dipingere i militari di leva sotto questa luce.