Nikolajewka 66 anni dopo

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    Nel gennaio del 1946 a tre anni dal tragico epilogo della Campagna di Russia alcuni reduci della Tridentina, per nulla intimoriti dal clima politico di quel tempo, si ritrovarono in una bettola di Brescia città: per ricordare.

     

    A sessantasei anni dall’evento, un esiguo gruppo di superstiti di quell’epica ritirata, vittoriosa sull’apparente forza delle armi, insieme a tanti che di guerra hanno soltanto letto o sentito raccontare, si sono riuniti ancora nel piazzale della Nikolajewka , scuola monumento costruita dagli alpini bresciani per dare un tetto e far rivivere spastici e tetraplegici: per non dimenticare coloro che, nella disperazione, hanno cercato e colto l’ultimo sussulto d’amore, aggrappati con gli occhi, non solo dell’anima, alla baita lontana che in questo modo almeno alcuni commilitoni avrebbero potuto rivedere.

    Il contesto politico è cambiato; il freddo meteorologico è soltanto all’esterno, mentre il ten. col. Dmitry Stolyarov, addetto militare aggiunto presso l’Ambasciata della Federazione Russa in Roma, sorpreso dalle note dell’inno della sua Patria, magistralmente eseguito dalla fanfara Tridentina della sezione ospitante, saluta impettito, le bandiere italiana e russa salgono insieme, unite in un abbraccio emotivamente evidente, caldo e amichevole, sul pennone che domina cappelli alpini ed autorità, ammirati e consapevoli tutti di partecipare a momenti di intima e generale solennità.

    Il presidente Perona, dopo il suo breve saluto, abbraccia i reduci uno per uno, mentre il magg. Giobatta Danda, della 54ª compagnia del btg. Vestone rievoca non senza un ancor vivo ed inquietante smarrimento i momenti dolorosi che coinvolsero anche le Divisioni sorelle Julia, Cuneense e Vicenza (Divisione di fanteria di supporto al comando del C.A.A.).

    Al mattino, nelle scuole medie Tridentina e Pascoli, ragazzi e professori informati e preparati hanno manifestato quella che dovrebbe essere la loro naturale predisposizione ad accogliere ed approfondire tappe esaltanti che hanno fatto del sacrificio il valore fondante della nostra quotidianità nazionale. Al cimitero, opera del Vantini, il comandante delle Truppe alpine gen. D. Bruno Petti che, con Perona e gli altri consiglieri scortava il Labaro, il gen. Rossi, comandante della Julia, accompagnato dal col. Linda, il col. Simone Pietro Giannuzzi comandante del 5º reggimento alpini e il col. Dario Buffa comandante del 2º reggimento artiglieria da montagna rappresentavano le realtà alpine alle armi, durante la cerimonia della resa degli onori ai Caduti, tributata anche dalle autorità cittadine, fra cui il vicesindaco Rolfi, nonché da numerosi alpini con vessilli e gagliardetti.

    A sera, lo spirito di chi a baita non è tornato, si aggirava in città cercando la sofferta stretta degli amici. Nelson Cenci e Carlo Vicentini, nell’auditorium San Barnaba, davano la voce a padre Brevi e a don Gnocchi che auspichiamo di veder presto assurgere agli onori degli altari indiscussi capi spirituali dei cappellani che hanno trasfigurato il volto di tanti alpini in quello unico del Cristo.

    In Duomo, mons. Vigilio Olmi, vescovo ausiliare emerito della città, indicava ai presenti fra cui il sindaco Adriano Paroli, il vice presidente della Provincia Aristide Peli, il comandante dei Carabinieri col. Galletta, il questore Montemagno le vie giuste, brevi e lunghe, che hanno sublimato il sacrificio dei giovani della nostra gente in quella lontana terra di Russia.
    Il coro Alte Cime della Sezione chiudeva con il capolavoro di De Marzi: le Voci di Nikolajewka .

    Alessandro Rossi


    Il Labaro dell’ANA sfila alla Scuola Nikolajewka dove si è svolta parte della celebrazione.


    Gli onori ai Caduti al cimitero Vantiniano: al centro, da sinistra, il presidente dell’ANA Corrado Perona, il comandante delle Truppe alpine gen. Bruno Petti e il ten.col. Dmitry Stolyarov, addetto militare aggiunto presso l’Ambasciata della Federazione Russa in Roma.

    Pubblicato sul numero di febbraio 2009 de L’Alpino.