Nel silenzio di un luogo sacro

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    Articolo di tipo Lettere al Direttore pubblicato nel numero di Gennaio 2019 dell’Alpino

    Di ritorno da un giro sulle Dolomiti, dopo Pieve di Livinallongo del Col di Lana, anziché proseguire sulla statale per scendere a Caprile e poi nell’Agordino, ho svoltato a destra per Digonera e Rocca Pietore e, all’altezza del sacrario di Pian dei Salesei, mi sono fermato: non c’era nessuno. Cammino verso la chiesetta, di fronte a me la parete nord-ovest del Monte Civetta, che già si sta colorando di rosa per effetto del tramonto, una leggera brezza mi fa alzare il colletto della giacca a vento, tutt’intorno solitudine e silenzio.

    Leggo i nomi delle località sede di combattimenti nella Grande Guerra, poi leggo i nomi dei Caduti. Sono tanti quelli che provenivano dal centro e sud Italia, fanti e bersaglieri, pochissimi gli alpini. Giro intorno senza motivo, leggo nomi, gradi, poi penso: “Chissà se nei loro paesi d’origine qualcuno, qualche lontano parente si ricorda di loro, forse i nomi scritti sui monumenti delle loro piazze saranno anche sbiaditi. Forse neanche sanno dove sono sepolti i loro paesani, dov’è Pian dei Salesei”. Allora mi fermo al centro di questo “bellissimo” sacrario fatto a forma di croce e a voce alta recito per tre volte L’Eterno riposo. Tutt’intorno nessuno, non passa neanche un’auto e mentre il tramonto rende l’ambiente unico e il Monte Civetta diventa sempre più arancione ritto sull’attenti chiudo gli occhi e faccio suonare nella mia mente il Silenzio. Lo confesso, un po’ mi commuovo, vorrei abbracciarli tutti mentre ascolto ancora il suono silente di questo luogo.

    Massimo Berra, Sezione Valdobbiadene

    Dice Saint Exupery nel Piccolo Principe che l’essenziale è invisibile agli occhi. Non è una frase da cioccolatini, ma è profondamente vera e ci insegna che per vedere ci vuole prima di tutto il cuore. Mi torna alla mente Ulisse che torna a casa travestito da mendicante. Nessuno lo riconosce. A fiutare è solo il vecchio Argo, il suo cane, che scodinzola di gioia e poi muore. Ci sono luoghi che sembrano dimenticati da tutti. Poi arriva un alpino che recita per tre volte l’Eterno riposo. Apparentemente non cambia niente. Nella realtà quei morti sono tornati a vivere, accolti da una memoria fatta di fratellanza e gratitudine, capace di togliere dall’oblio.