Nel cuore della gente

    0
    45

    Si dice che la casa è dove abita il cuore, il luogo in cui le emozioni prendono forma, fra ricordi e affetti più cari. Uno spazio tangibile, per usare un’accezione meno romantica, fatto di piccole certezze quotidiane, un confine pressoché naturale tra noi e gli altri dove potersi rifugiare, sentirsi liberi o semplicemente essere.

    Con lo sguardo fisso su un altro cuore, quello trafitto della nazione, a poche settimane dal terremoto dello scorso 24 agosto, mentre prosegue lo sciame sismico, entriamo in punta di piedi in uno dei paesi più belli, simbolo del nostro patrimonio storico-culturale nonché teatro di questa infausta vicenda: Accumoli.

    Originario del XII secolo, a cavallo tra il dominio dei Normanni e del Regno di Napoli, il comune nasce per rafforzare i tanti villaggi sparsi lungo la Valle del Tronto, facendo fronte comune alle minacce del tempo. Adesso i rischi sono altri, radicati nel sottosuolo, pur tuttavia la coesione e la forza della gente non è venuta meno. Dopo la scossa di magnitudo 6.0 che ha causato 12 vittime, frazioni comprese, con epicentro nello stesso capoluogo, e gravi danni al centro storico «il paese è rimasto in piedi, ma ogni edificio è inevitabilmente lesionato» per usare le parole del Presidente della Sezione di Roma, Alessandro Federici che proprio in questi giorni ha lavorato a stretto contatto con il sindaco di Accumoli, Stefano Petrucci.

    Prima che avvenisse tutto ciò, il comune del rietino, situato a 855 metri di altezza, poteva contare su 667 abitanti che ne animavano i sobborghi. Rimane impresso il racconto di chi dopo le prime scosse si è riversato in piazza a scavare a mani nude così com’era, mezzo scalzo, frastornato, per timore e per sostegno degli altri come i vigili del fuoco, alpini e paesani, tutti compagni di sventura, ritrovatisi lì a ringraziare di esser vivi. O l’immagine della grancassa della fanfara rotolata al centro della strada fra i detriti e poi finita su tutti i notiziari.

    «Dopo averla vista in tanti ci hanno chiamato offrendosi di comprare gli strumenti pur di dare una mano. A livello umano tutta l’Italia si è mossa dando un contributo preziosissimo. La solidarietà è stata incredibile!», commenta il Presidente Federici.

    «Sul posto ci siamo resi conto che i soccorsi erano stati immediati e che la gente dopo pochissimo tempo stava già nelle tende. Non avendo altre necessità materiali da fornire poiché si era provveduto, avevano pure i sacerdoti, abbiamo deciso di portare avanti la proposta dell’Ana di una raccolta fondi, concentrando i nostri sforzi nella presenza umana andando così a far visita quasi tutti i giorni. Piccoli gesti come la donazione di un camper al Gruppo da parte della Sezione, ma che senz’altro aiutano. Ora che la gente è ormai tutta negli alberghi a San Benedetto del Tronto e che persino le strutture per ospitare la scuola sono state circoscritte si cerca di ricostruire qualcosa di definitivo che sia utilizzabile da tutta la collettività, non solo dagli alpini, come un centro polivalente che raccoglie le diverse anime del paese dalla Pro Loco alla banda, passando per il coro e il centro anziani, sul modello di ciò che vi era prima, da dedicare alla famiglia Tuccio travolta dal campanile».

    Quello del recupero dell’intera famiglia tra le macerie è stato per tutti il momento più sofferto. Si trattava di Andrea e della moglie Graziella, entrambi 32enni, coi due figli Riccardo e Stefano di 8 anni e 7 mesi. Andrea, figlio di un alpino, era molto legato al Gruppo e aveva da poco cominciato a frequentare la fanfara partecipando, di fatto, ad alcune esibizioni con il tamburo rullante. È curioso poi, come il destino si leghi a doppio filo con il territorio; esattamente un mese prima del disastro, domenica 24 luglio, si era svolta la cerimonia estiva di ricostituzione del Gruppo Accumoli e la nascita della fanfara sezionale “Monti della Laga”, la stessa che ha contribuito a scandire la festa sotto l’attenta direzione del Maestro Pierluigi Valesini alla presenza del Capogruppo Giuseppe Funari e del Consigliere nazionale Salvatore Robustini.

    Una commemorazione toccante nel corso del quale è stata ricordata anche l’alpina Alessia Chiaro, la ragazza accumolese di 26 anni morta il 27 maggio a Falzeben, durante un’attività di addestramento. Un’altra tragedia dentro l’albero genealogico della famiglia alpina. Al di là degli ingenti danni, delle vittime e del significato ancora da attribuire a simili tragedie, le immagini del terremoto sono oramai entrate, purtroppo, nella memoria collettiva.

    Messaggi di solidarietà e cordoglio sono arrivati da tutto il mondo e ciò che notoriamente divide o meglio riduce in cenere, in questo caso ci ha unito. Sì perché quando la terra trema, e non è solo il titolo di un film, siamo tutti un po’ scossi, come pervasi da una tensione sotterranea che tocca nell’intimo, in quello che notoriamente è il focolare domestico. Eppure se vale ancora l’espressione secondo cui amare vuol dire “muoversi”, in un certo senso, possiamo affermare che l’Associazione Nazionale Alpini lo ha dimostrato, un’altra volta.

    Ireneo Alessi