Nastrini e medaglie

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    Ho letto su L’Alpino di novembre 2015 la lettera “Eroi di un tempo”, scritta da Edoardo Pezzutti, del Gruppo di Fontanafredda, Sezione di Pordenone. Non conosco questo alpino, né so quando e in quale reparto ha prestato servizio. Forse, durante i mesi di servizio, i suoi superiori non gli hanno spiegato bene il significato dei nastrini, che sono sempre portati sull’uniforme, né delle medaglie, portate in circostanze particolari.

     

    Forse non sa che quei giovani militari appuntano con fierezza sull’uniforme quei nastrini testimonianze del dovere compiuto, anche in difficili missioni operative di pace all’estero, dove si spara e dove si può morire. Forse non sa che questi nostri militari, fortunatamente bene equipaggiati e meritatamente più pagati di quelli che prestano servizio sul territorio nazionale, sono rispettati e ammirati dai militari delle forze armate straniere. Tutto lustro per le Forze Armate italiane, per gli alpini in particolare. La lettera in questione mi porta a riprendere una conversazione di anni fa con l’amico Cesare Di Dato (non c’è bisogno di presentazione), sulla opportunità che il nostro periodico L’Alpino spenda saltuariamente qualche parola sui reparti alpini in armi: loro evoluzione ordinativa, addestrativa, della dottrina di impiego, delle dotazioni, delle attività operative. Una maniera in più e un’ottima occasione per mantenere vivo il rapporto fra alpini in congedo e in armi.

    Ludovico Lombardi – Sezione di Lussemburgo

    Caro amico, come abbiamo precisato, i nastrini sul petto dei giovani soldati non sono solo onorificenze, ma stanno ad indicare anche le missioni svolte. Missioni nelle quali con oltre 150 di loro hanno perso la vita.