Le donne e la vita militare

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    Sono un tenente colonnello di amministrazione (riserva) che ha svolto la sua venticinquennale carriera nelle Truppe alpine. Mi permetto di manifestare il mio pensiero sulle donne nella vita militare. Un pensiero controcorrente, non allineato e, perciò, non destinato a ricevere il plauso della maggioranza. Le scrivo per manifestarle il mio sconcerto e la mia amarezza nel prendere visione dell’ultimo numero della rivista a me cara L’Alpino.

    Un numero dedicato all’ANA al femminile. Per me il Corpo degli alpini era ed è ancora considerato una delle ultime riserve della nostra civiltà europea e cristiana. Una civiltà ove la donna, pur essendo in grado di poter competere con l’altra metà del cielo in ogni campo della vita, ha però una missione ben più alta da svolgere nell’umana società. Nella società italiana ed europea la donna era, sino alle soglie del 1968, il nume tutelare del cenacolo domestico, il perno attorno al quale si svolgeva quella grande missione della famiglia, la forma di società più perfetta ed essenziale per la formazione di un popolo, di una nazione, di uno Stato sano, fondato su sani principi, vera fucina di uomini e di donne destinati ad essere la guida del mondo. Ma la vera rivoluzione dei costumi è avvenuta nel 1968. La donna ha voluto abbandonare la sua femminilità inseguendo l’uomo nella ricerca di emergere nella società e ci sta riuscendo alla grande, snaturandosi sempre più. La professione che, a mio giudizio, è meno congeniale alla donna è quella della vita militare. Una vita girovaga, condizionata da continui spostamenti laddove turbative nella vita sociale richiedono l’impiego della forza. Ecco la parola emblematica della vita militare: la forza, fattore necessario per combattere la violenza in tutte le sue manifestazioni, piccole o grandi che esse siano, per estensione e per virulenza. L’uso della forza non si ferma, se necessario, di fronte all’atto più inumano anche se tanto frequente nella storia dell’uomo: togliere la vita ad altre persone. La donna è fatta per dare la vita non per toglierla. L’uniforme, l’ambizione di cimentarsi nelle prove di abilità e di destrezza sono tentazioni che hanno conquistato il cuore femminile.

    ten. col. (r.) Cesaremaria Glori – Belluno

    Ho dovuto “prosciugare” il suo scritto, caro colonnello, per ovvie ragioni di spazio. Mi sono limitato a riportare alcune sue considerazioni, che considero più che altro provocazioni. Personalmente credo che quanto si attribuisce alla natura sia molto spesso un fatto di cultura. Confinare la donna in casa a far figli sarà anche un servizio alla vita e alla famiglia, ma è certamente un’offesa alla sua intelligenza e alle sue possibilità. Il genio femminile non è solo quello della mura domestiche, ma anche quello di un protagonismo sociale e politico, di cui c’è un gran bisogno.