La Storia ritrovata

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    Le premesse non erano certo incoraggianti: il programma delle cerimonie per i 150 anni dell’Unità d’Italia ha avuto un inizio tormentato. Più che un momento di festa sembrava che si stesse preparando una sorta di revisione storica in chiave politica e giudiziaria, un anniversario tiepido, da tollerare nella speranza che passasse in fretta e con poco clamore.

    Certo, non era il pensiero di tutti, ma le prospettive non erano proprio incoraggianti. Invece ha avuto un effetto dirompente che stupisce e riempie d’orgoglio quanti amano il nostro Paese, pur con le sue contraddizioni ma anche con i suoi straordinari valori e le sue capacità. Sin da quel 17 Marzo, definito quest’anno dal presidente della Repubblica giorno di festa nazionale (è la data in cui Vittorio Emanuele II proclamò nel 1861 la nascita del Regno d’Italia) si è capito che qualcosa stava cambiando nell’atteggiamento degli italiani.

    Perché le manifestazioni spontanee che coinvolgevano i cittadini d’ogni età e di ogni ceto – primi fra tutti gli alpini, con l’alzabandiera nelle sezioni e nei gruppi – rivelavano il risveglio del desiderio di sentirsi parte di una Nazione e della sua storia. E le migliaia di Tricolori che pendevano da finestre e terrazze di città e paesi sono stati espressione di entusiasmo e partecipazione.

    Così è stato a Torino, per l’Adunata nazionale, quando alpini e torinesi si sono uniti nelle celebrazioni. Una per tutte: all’ammainabandiera in piazza Castello, la domenica sera, quando gli alpini che avevano sfilato erano ormai sulla via del ritorno a casa, c’erano migliaia di cittadini tutt’intorno alla piazza ed hanno onorato con la loro presenza l’Adunata del 150° dandone un segno di continuità. Il successivo appuntamento è stata la ricorrenza del 2 Giugno, festa della Repubblica.

    I nostri soldati sono passati fra due ali di folla; gli applausi spontanei che li hanno accompagnati sono stati eloquenti più delle parole, così come l’affetto che li ha circondati. Ma c’è stato qualcosa di fondamentale in più: la presenza, accanto al presidente della Repubblica, di ottanta delegazioni straniere con 42 capi di Stato o di governo e alte gerarchie militari, soprattutto dei Paesi che con l’Italia svolgono missioni nei Balcani e in Medio Oriente.

    È stata la dimostrazione della considerazione del nostro Paese guadagnata proprio anche grazie al comportamento dei nostri reparti militari in queste operazioni chiamate “di pace”, nelle quali il “modello italiano” viene preso ad esempio dagli altri contingenti. Ed è davvero consolante riscontrare il risveglio del sentimento nazionale nei giovani, vederli partecipare e sventolare la Bandiera, affrancata dalla tifoseria da stadio, recuperare il senso della nostra storia e sentirsi parte di un futuro comune.

    Quasi un ritorno a quel Risorgimento – vitalizzato da energia ed entusiasmi nuovi – che ha consentito all’Italia di formarsi Nazione, pagandone un pesantissimo prezzo in sacrifici e vite umane. Ecco perché, finite le celebrazioni, non può tornare tutto come prima. Abbiamo provato il piacere di ritrovarci e appassionarci per questo nostro Paese. Abbiamo guardato il Tricolore con occhi nuovi, scoprendone valori e significati, siamo stati bene in sua compagnia. Non dobbiamo più restare soli. **