La prima di Cevoli

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    Il film ha già cominciato a scatenare discussioni prima ancora di essere uscito nelle sale (dal 2 aprile). Da un lato quanti lo considerano dissacrante a prescindere per il solo fatto di essere una commedia e dall’altro quanti, invece, pensano cha si possa affrontare il ricordo della Grande Guerra anche con un sorriso. Sinceramente credo molto nella potenza dell’umorismo e non ho mai trovato dissacrante l’ironia profusa a piene mani da Paolo Monelli e Giuseppe Novello, due che la guerra l’avevano conosciuta davvero, ne “La Guerra è bella ma scomoda”.

     

    Anzi! Anche questo è un modo per fare memoria, a volte più utile e corretto di quello essenzialmente liturgico rivolto più all’evento in sé che non all’uomo e dunque più sterile. Credo che il nostro compito sia quello di ricordare tutti quegli uomini, le loro ansie, il loro terrore, la loro fatica e le loro malinconie unite alla tenacia, alla speranza, ai legami di amicizia e fratellanza sino al senso del dovere e all’amore per una Patria intesa proprio come casa comune. Solo ricordando questi piccoli e grandi uomini comprenderemo davvero la lezione che ci hanno consegnato.

    Questo film, a modo suo, ci ricorda questi uomini, semplici e inconsapevoli. Ragazzi che non sapevano nulla della guerra e delle sue ragioni. Uomini, il più delle volte analfabeti, che non potevano conoscere altro che ciò che accadeva nel chilometro di terra di fronte ai loro occhi. Uomini in carne e ossa con tutti i vizi e le virtù dell’umanità. Quel manipolo di alpini confinati in un immaginario avamposto tra le maestose cime dell’Alta Valtellina costituiscono un microcosmo quasi completo: il comandante veterano di altre campagne, il furbo che cerca ogni possibile scorciatoia, il semplice incondizionatamente innamorato della Patria, lo smaliziato che tira a campare, l’ufficiale raccomandato e lui, il maestro elementare anti interventista, tutti accomunati dal fatto di non sapere nulla della guerra tagliati, come sono, fuori dal mondo.

    Presi dai rispettivi paesi, strappati ai loro affetti e alle loro occupazioni e catapultati in un evento del quale non potevano comprendere nulla questi ragazzi, che faticano a comprendersi l’un l’altro, trovano il modo di volersi bene e fare gruppo. Gente di montagna, gente semplice che ha vissuto con fatica ma che non conosce il mondo e le sue tragiche ritualità ma che cerca di arrangiarsi come può. Alpini che tirano a campare, sognano di tornare a casa ma alla fine fanno comunque il loro dovere fino in fondo. Insomma questo film vi farà certamente ridere, ma anche riflettere e vi accorgerete che spesso una singola battuta o un motto di spirito possono raccontare più efficacemente anche le verità più profonde.

    Cesare Lavizzari