La Preghiera, secondo me

    0
    44

    Caro direttore, mi chiamo Luciano Busca, ho 53 anni e sono il segretario del nostro Gruppo; lo sono dal 1982, quando mi congedai, e le scrivo a proposito del suo editoriale di ottobre e del dibattuto tema della nostra Preghiera.

    Penso di essere l’unico, del mio Gruppo, che sa la Preghiera a memoria; tante volte l’ho recitata in occasione delle nostre feste o per un nostro defunto; e tante volte l’ho recitata da solo, commuovendomi davanti ad un monumento, una lapide, un qualcosa che ricordasse quei nostri figli e fratelli caduti per causa della guerra. Come la recito? La recito da sempre sostituendo “rendi forti le nostre armi” con “rendici forti”; ma se devo passare il foglio ad un altro alpino allora gli do la versione originale. Se mi chiedono di recitare la Preghiera, avverto sempre che non parlerò di armi; e una sola volta allora mi è stato detto: «No, troviamo un altro». Mi creda, dentro di me mi sono dibattuto, mi sono confrontato in molte occasioni, ho “macerato questo nodo”… e ho deciso che proseguirò così. “Rendici forti contro chiunque minacci la nostra Patria, la nostra Bandiera, la nostra millenaria civiltà cristiana”; e questo vorrei si recitasse un giorno, per me. Un forte abbraccio, grazie per tutto.

    Luciano Busca – Lequio Berra (Cuneo)

    Caro Luciano, apprezzo la tua sensibilità d’animo e la delicatezza con cui proponi, senza imporre. Capisco anche che le parole hanno un valore performativo, oltre che informativo. Hanno, cioè, la capacità di creare mentalità. Ciò premesso sai che non sarà mai l’Ana ad usare le armi per difendere il Paese. Non le abbiamo e non è il nostro compito. Ma se dovessimo essere aggrediti, se il terrorismo entrasse di prepotenza nelle nostre case, credi che potremo risolvere il problema con gli schioppetti di sambuco? E poi, detto senza polemica, cosa vuol dire rendici forti? Forti in che modo?